«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
LA COGNIZIONE DEL DOLORE
Carlo Emilio Gadda
Adelphi 2017
Se tu sai che libro è questo allora non ti devo spiegare niente. Se non lo sai non credo di potertelo spiegare, ammesso che abbia la presunzione di saperlo fare. Questa sarebbe la sintesi più onesta, per conto mio, e poi ognuno se ne tornerebbe a pestare passi per la propria strada, io con i miei pensieri su La cognizione del dolore, voi, chiunque voi siate, per la vostra. Così, penso, avremmo non solo commentato, ma impersonato il miglior commento possibile a La cognizione del dolore.
Le cicale, risveglie, screziavano di fragore le inezie verdi sotto le dovizie di luce, tutto il cielo della estate crepitava di quello stridio senza termini, nell’unisono d’una vacanza assordante. Il medico aveva un’idea. La sua diagnosi era in corso di maturazione: o, forse, con cinque figliole che donna Carlotta gli aveva regalato, era già matura da un pezzo. «Vae soli!».
Le cicale… risveglie… screziavano di fragore… le inezie verdi sotto le dovizie di luce… tutto il cielo della estate… crepitava di quello stridio senza termini… nell’unisono d’una vacanza assordante.
Che altro si può aggiungere quando si è già citata la perfezione? L’assoluto insuperabile? Cosa potrei voler dire? Aggiungere perfezione a perfezione?
Un disperato dolore occupò l’animo del figliolo: la stanca dolcezza del settembre gli parve irrealtà, imagine fuggente delle cose perdute, impossibili. Avrebbe voluto inginocchiarsi e dire: «perdonami, perdonami! Mamma, sono io!». Disse: «Se ti trovo ancora una volta nel braco dei maiali, scannerò te e loro». Questa frase non aveva senso, ma la pronunziò realmente (così certe volte il battello, accostando, sorpassa il pontile).
Non ho nessun commento da fare su questo libro, se non che l’edizione di Adelphi è maestosa. Troppo immensa potenza e grandiosità barocca, Babele di cacofonie inscalabile senza perdersi, senza piegarsi chinando il capo sotto l’onda di bellezza. Non comprendere è parte inscindibile dell’esperienza estetica, esserne soverchiati per goderne, osservarsi nello specchio e vedere il volto orrendo e familiare di Gonzalo, rifugiarsi nella propria insindacabile cognizione del dolore e tremare.
Non si legge per capire, né per commentare, non si legge per qualcuno, per un pubblico, per vanità. Si legge per cercare l’orizzonte senza confini, l’infinito.
La cognizione del dolore andrebbe catalogata tra la letteratura argentina, perché di quella ha il senso dell’infinito e l’ironia del miserabile. Non ha senso formulare un giudizio, aggettivare.
Ma chi ha scritto i commenti?
concordo con questa sorta di ineffabilità a commentare su cui è costruito il tuo…. commento, ma , purtroppo, non riesco a leggere, se non come compito “a casa”, Gadda, trovo estenuanti le sue costruzioni linguistiche meravigliose, che mi sembrano suggerire uno scrittore intento a scervellarsi per trovarle. (cosa che sicuramente non era, visto che deve essere stato un dono eccezionale di natura).
Capisco che possa risultare estenuante soprattutto se non si assume che una buona parte del testo sia volutamente incomprensibile. In questo libro la costruzione barocca che produce è una cattedrale.
un ingegnere delle parole.
Con la cognizione del dolore è andato molto oltre i confini dell’ingegneria