«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
UCCIDENDO NANI A BASTONATE
Alberto Laiseca
Traduzione di Loris Tassi e Lorenza Di Lella
Arcoiris 2016
La collana Gli eccentrici di Arcoiris merita di non passare inosservata, se non altro perché mantiene fede al suo nome pubblicando degli impubblicabili, almeno secondo il canone manierista e sonnolento dell’editoria italiana mainstream. Arcoiris non è mainstream e giustamente gioca la sua partita nelle nicchie. Quella de Gli eccentrici è fatta di autori sudamericani, per lo più argentini, e di testi folleggianti, peripezie verbali, storie deformi, tutti gli ingredienti dell’eccentricità letteraria sudamericana. Ci sono grandi autori, Horacio Quiroga per dirne uno, e anche lo stesso Alberto Laiseca, poco noto in Italia, ma celebre in patria.
Uccidendo nani a bastonate sono racconti, anche se non proprio la classica raccolta di racconti, infatti sono racconti che compongono una catena, una processione di racconti, come una processione di nani, se posso prendermi una licenza e giocare un poco con il titolo. E poi sono racconti che si spingono uno con l’altro, come tessere di domino, il primo crolla sul secondo che precipita sul terzo che si scatafascia sul quarto e così via per finire tutti quanti a cadere sul titolo della raccolta, che è sia l’inizio che la fine, e questo innegabilmente significa che la struttura è circolare. Non sembra, ma in effetti si deve constatare che lo è invece, se non proprio la struttura almeno l’idea, di una circolarità, come gatti o somari oppure matti.
Inizia con una vecchia fetente che viene torturata, poi c’è lo stabilimento balneare degli straccioni, le tombe egizie dei compositori di sinfonie e l’inventore della macchina per volare nell’occhio degli uragani. Questo per cominciare e, come si dice nei salotti eleganti, per assaggiare il consommé.
La ricetta, come avrete intuito, è speciale, da intenditori, se vogliamo, il grado di grottesco dei racconti è spinto all’estremo e con quello pure la spericolatezza narrativa, che a voler ben guardare, rappresenta essa stessa una forma di manierismo che tra gli scrittori argentini non è rara, tanto che sembra quasi alcuni si sfidino a chi riesce a costruire racconti col massimo grado di grottesco, un po’ come quelli che fanno le sfide a chi mangia il peperoncino più piccante.
«Per essere efficace un titolo deve possedere le seguenti caratteristiche: UNO deve essere corto DUE deve avere a che vedere con l’opera TRE non deve inquietare QUATTRO deve essere intelligente ma non troppo CINQUE deve intrigare SEI deve essere ironico SETTE non deve somigliare a nessun altro titolo OTTO non deve dar luogo a equivoci NOVE non deve essere ermetico, né contenere riferimenti scatologici».
«Potrebbe chiamarsi Il delirio dei galli titani».
«Ha un’aria conosciuta».
Questo è quanto. È scrittura selvaggia ma anche manierata, selvaggia e manierata, gli argentini sono i maestri di queste narrazioni ibride, e Laiseca è un maestro.
Per amanti della selvaggeria manierata.