«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL COMUNISTA
Guido Morselli
Adelphi 1991
È un libro che sa di antico, ma con un buon sapore, un sapore che lo rende perfino moderno, nel senso di capace di farsi leggere come se fosse uno scrittore di questi giorni che racconta una storia di qualche tempo fa; poi però pensi che invece è tutto il contrario: è uno scrittore di qualche tempo fa che scrisse una storia che in realtà prefigurava un pensiero di qualche tempo dopo, è un tempo elastico quello in cui ti ritrovi a fare certi pensieri: appena ti sposti da una parte la gommosa forza elastica ti tira dall’altra, allora ti sistemi dall’altra e la gommosa forza elastica ti riporta dove eri prima e la cosa non finirebbe mai se non smettessi con certi pensieri.
Quando si parla di Guido Morselli le categorie predefinite funzionano poco e male. È troppo abile nel scivolare fuori da qualunque scatola o cassetto lo si cerchi di mettere, troppo più intelligente di tutti quanti, anche troppo solitario da poter sperare di blandire con l’offerta di un posto a tavola insieme agli altri. Guido Morselli è inafferrabile. Lo si ammira, lo si ama, lo si legge con il senso di necessità dell’affamato, ma non lo si agguanta per tenerlo in pugno, né lui cercherà di agguantare voi. Tra voi e Guido Morselli scorrerà sempre inesorabile un torrente in piena, non guadabile.
Se cercate Guido Morselli sugli scaffali di una libreria è facile che non lo troviate, forse trovate un singolo libriccino sperduto, una presenza minimale e impalpabile, come un soprammobile discreto. Eppure Guido Morselli è una presenza imprescindibile per le lettere italiane, un classico nel senso più mitteleuropeo del termine, una fonte di ispirazione e di inspirazione, espirazione e inspirazione e ispirazione, con Guido Morselli si riprende a respirare quando il fiato si rompe, si riprende a pensare quando il pensiero affonda, si riprende a guardare nel vuoto osservando un’immagine mentale quando lo sguardo sfuggiva.
Io ci torno a intervalli regolari, come torno alla mia famiglia di autori necessari a inspirare ed espirare. Vado in biblioteca, scaffale della M, lo trovo, scorro i titoli presenti e ne prendo uno, senza quasi pensarci, solo per fame o per asfissia.
Il comunista è la storia di un comunista scritto negli anni 1964-1965. Venuto dalla base, dalla terra rossa d’Emilia e diventato parlamentare, lo si segue nelle vicende romane, piccolo peones oscuro, tra giochi di partito e stenti, ricordi dolorosi di un passato americano, l’amante, i pranzi in trattoria, le discussioni con alcuni compagni, le dispute ideologiche, la grande macchina del PCI, l’elastico tra Reggio Emilia e Roma, tra passato e presente, tra donne di allora e di adesso, tra America e Italia, tra pubblico e privato, tra fedeltà di partito e dignità personale, tra dialogo interiore e conversazioni, tra Io diversi. Ha forma ellittica.
È una storia che solo la mano di un grande narratore poteva scrivere in quel modo, creando un personaggio che sembra prendere vita dalle tribune politiche del tempo con l’intero armamentario dialettico rigurgitante ideologismi e conformismi, ma allo stesso tempo palpitante di passione, tormentato dai dubbi, dai rimpianti, sofferente, irresoluto, debole. Una storia antica e moderna allo stesso tempo, quasi che fosse il racconto di un mito, ma alla maniera di Guido Morselli.
Sempre un grande meraviglioso stupendo Guido Morselli.
Sempre un grande meraviglioso stupendo Guido Morselli
condivido pienamente
uno dei libri più appaganti che ho letto fino a oggi, mi ha fatto pensare, e non so perchè, a Lettere a Theo di Vincent Van Gogh.
Quasi perfezione(artistica)
Lettere a Theo, che lettura stupenda.