«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
CAMMINARE
Thomas Bernhard
Traduzione di Giovanna Agabio
Adelphi 2018
La pubblicazione di Camminare è ovviamente un evento, un grande evento, e per chiunque ami Thomas Bernhard la lettura di Camminare è imprescindibile. Non avrebbe senso anche soltanto ragionare per assurdo domandandosi se possa esserci qualche ragione valida per decidere di non leggerlo. Non si pone la questione. Non tutto è questionabile su questa terra, se uno ama Bernhard non ha senso far finta di rimuginare se sia il caso o no di leggere Camminare. Per chi non lo ama, non lo conosce, o ne ha solo una conoscenza incerta, allora il problema si può porre e io direi che forse è meglio iniziare da altri libri, diciamo i capisaldi dell’opera bernhardiana, Perturbamento, Antichi Maestri o Il soccombente, per citare qualche titolo. Se si viene folgorati dall’amore folle per il sublime commediante austriaco, allora tutto di Bernhard è necessario, anche Camminare.
Camminare, se vogliamo dirla in modo borghese è una produzione di nicchia, per appassionati, per drogati, tanto eccessiva quanto rara, Camminare è uno di quei testi brevi con i quali Bernhard ha scatenato il suo demone grottesco e irrefrenabile in uno spazio ridotto e senza forma – I miei premi ad esempio è un altro di questi – una turlupinatura divina del buonsenso e della tragedia del vivere, ironico nel dramma, drammatico nella caricatura, Bernhard scrive un’opera buffa e dirompente, la sua anima profondamente teatrale da scrittore di commedie umane qui si dimena selvaggiamente e lui ride, lo si sente ridere incontenibile, è una risata titanica la sua. La scrittura esce dalle righe, dai margini, sale oltre i toni estremi che gli conosciamo, eccede l’eccesso, l’ossessione diventa tribale e clownesca, lo sproloquio del folle che riporta le parole del secondo folle che racconta della follia definitiva del terzo folle si attorciglia in dodecafonie cervellotiche, trascina, diverte, affascina, roboante risuona come un gong, come una percussione da polipo, è un ritmo pazzo quello che imprime, è una valanga di sassi e fango che precipita a valle, Bernhard folle meraviglioso, principe dei commedianti, letto oggi, Camminare sembra il commiato lungamente preparato e servito quando meno ce lo si aspettava, è l’uscita di scena trionfale del più grande tra i grandi, l’addio al Novecento, l’indimenticabile secolo breve, crudele e meraviglioso, è lo sproloquio definitivo, la sublimazione di tutta l’insensatezza del vivere, della ragione e della parola.
È semplicemente meraviglioso, gioia assoluta.
Un brano.
E stare con una persona continuamente irrequieta, uno che s’immagina sempre di essere irrequieto, è quanto di più difficile, dico a Scherrer, dice Oehler. Anche se nulla indicava uno o più motivi d’irrequietezza, se tutto non indicava la minima irrequietezza, Karrer era irrequieto, perché aveva l’impressione (la sensazione) di essere irrequieto, perché ne aveva motivo, come credeva. In Karrer si poteva studiare la teoria secondo la quale si è tutto ciò che si immagina di essere, ad esempio si era sempre immaginato, e probabilmente se l’era immaginato per un’intera vita, di essere affetto da una malattia mortale, senza sapere di quale malattia mortale fosse affetto, e quindi con ogni probabilità e certezza, dico a Scherrer, dice Oehler, secondo questa teoria era davvero affetto da una malattia mortale. Se noi ci immaginiamo una condizione mentale, una qualsiasi, siamo in questa condizione mentale e quindi anche nella condizione patologica che immaginiamo, in ogni condizione in cui ci immaginiamo di essere. E noi non ci lasciamo distogliere da ciò che immaginiamo, dico a Scherrer, e quindi nulla, soprattutto nulla di esterno, può levare ciò che abbiamo immaginato. L’incredibile sicurezza di sé da una parte e l’incredibile inconsistenza e inettitudine dei medici psichiatri dall’altra, penso, mentre siedo di fronte a Scherrer e dico queste cose su Karrer e soprattutto sul comportamento di Karrer nel negozio di Rustenschacher, dice Oehler. Scherrer ascoltava con attenzione, ma senza il minimo acume, dice Oehler.
Note:
– Esce il 13 marzo. La mia copia l’ho acquistata anticipatamente da una delle rivendite dove abitualmente mi servo. Nessuno scambio è intercorso tra me e l’editore.
Anzi, non tutto esatto direi. Ho riletto più volte la tua recensione che condivido totalmente. Io, per usare una tua espressione, sono un drogato di Bernhard. Ed è per questa ragione che ho intrapreso una battaglia personale con Adelphi da oltre 5 anni. Scrissi la prima volta che da studioso e appassionato trovavo “grottesco” che nella culla della cultura Gehen non fosse mai stato tradotto da nessuno. Il libro, aggiunsi, si trova in portoghese e in finlandese e in italiano no? (tu dici “ripubblicazione” ma a meno di una mia dimenticanza non credo fosse mai stato tradotto prima, così le mie 9 lettere con cadenza quadrimestrale ad Adelphi con tanto di “non si preoccupi stiamo provvedendo” sembra abbiano, alla fine, avuto successo e mi prendo, per scherzo e senza supponenza, anche un po’ di merito. Tanto tuonò che piovve. Cordiali saluti.
Quando l’ho scritto ero certo di aver letto un riferimento a una precedente pubblicazione, che però pare non esistere.
Me lo sono sognato oppure ho preso per buono uno che se l’era sognato.
Ho corretto il testo, grazie per avermi fatto notare l’errore.
Esatto. Esatto. Esatto.
bello sapere di non essere il solo herzog a mandare lettere disperate agli editori (alla feltrinelli per uwe johnson a dalai per peter nadas, a voland per il nuovo cartarescu e a destinatari fantasma per john’s wife di coover, per william gass, per joseph mcelroy, per gaddis ecc. ecc.)
grazie Ernesto, ho divorato e continuo a rimuginare Camminare
non siamo soli.