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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Congetture su Jakob – Uwe Johnson

CONGETTURE SU JAKOB
Uwe Johnson
Traduzione di Enrico Filippini
Feltrinelli 1995

[Libri dispersi]

È una coincidenza, ma non priva di ironia, che nei giorni del tripudio fieristico dell’industria editoriale italiana, io legga questo libro epocale, che nessuno nel luogo affollato potrà sfogliare e acquistare. Ricordo di un tempo svanito quando il catalogo di Feltrinelli era una miniera dalla quale estrarre perle sublimi. Un tempo, ancora precedente di qualche decennio – il libro è del 1959 – quando la scrittura e la lettura – le due non possono che andare insieme, di questo spesso ci si dimentica – erano sperimentazione, rischio, e sfida, scommesse mortali, un vortice di immaginazione che infuriava. Le forme si disarticolavano, nell’arte come nella scrittura, si concettualizzavano, si astraeva dalla rappresentazione di natura per cercare una frontiera espressiva sconosciuta. Così chi fruiva dell’arte e delle lettere non cercava più le fattezze umane, la prospettiva classica, il ritratto, la storia famigliare e la trama in progressione. Era una generazione di artisti e scrittori che respirava l’epoca di rottura, la frattura nel tempo, il collasso di una cultura vecchia e l’emergere potente di quella nuova. L’arte e le lettere erano un vulcano di creatività, di chi creava arte e non di meno di chi la fruiva, chi scriveva e chi leggeva. Ci vuole creatività anche a guardare o leggere, non solo a fare arte. Anche di questo ci si dimentica spesso.

Inutile accondiscendere ai rimpianti, ma inutile anche negare che niente di quella creatività sembra essere rimasta oggi, se non vaghe tracce incerte, per lo meno nel panorama editoriale, tra chi fa e chi riceve. Oggi Congetture su Jakob è fuori catalogo e per questo sempre sia shame on you, Feltrinelli, ma si può pure ammettere senza molti dubbi che se i lettori si sono ridotti considerevolmente, come ripetono le indagini di mercato, quelli in grado di sopportare la lettura di un libro di suprema difficoltà come questo sono una minoranza impalpabile.

Uwe Johnson esordì con questo libro, il quale venne celebrato dalla critica e premiato dalle giurie di premi letterari dell’epoca. Giustamente. Congetture su Jakob è un libro epocale. Lo si può paragonare a opere iconiche dell’arte contemporanea, quelle apparentemente avvolte in un mantello di incomprensibilità, ma che una descrizione intelligente del loro tempo e delle nuove forme riesce a far emergere nella loro incomparabile genialità. Uwe Johnson si può dire, similmente, un artista di arte narrativa contemporanea.

La lingua, lo stile, la sequenza di immagini che compongono Congetture su Jakob sono talmente ermetiche da risultare estranee a qualunque esperienza precedente, Joyce, Beckett, Rozanov, Erofeev e altri folli non aiutano. Forse Carmelo Bene è un paragone non del tutto insensato. Ognuno di loro è unico, Uwe Johnson lo è per la lingua polverizzata eppure coerente che ha inventato. “Polverizzata” va inteso letteralmente. Il testo è una nube di particelle narrative che ruotano attorno al personaggio di Jakob e hanno i colori violacei della DDR del dopoguerra. Eppure la nube narrativa mantiene coerenza, la coerenza del fascino letterario, se ne percepisce l’insieme, il collante tra gli interstizi, anche se il senso non è riconoscibile. Il senso della narrazione perde la forma, il senso dell’incanto letterario rimane intatto. Questa è la chimica molecolare di questo testo incomparabile.

Chi sia Jakob viene detto ovunque cerchiate informazioni sul libro. La bandella lo riporta senza frenarsi. Eppure, è meglio non anticiparlo, io penso. Non vi serve sapere di cosa si congetturi a proposito di Jakob, né vi aiuterà quando vi sentirete naufragare nel mare ostile del testo. Sapere il destino di Jakob non è un alibi per il vostro destino di lettori. Se volete leggerlo, non guardate la bandella, non prendete informazioni, non cercate inutili salvagenti. Affondate con Jakob, con il libro, con la triste vita che ebbe Uwe Johnson, con la letteratura di questi anni, con la prosopopea dei lettori, con l’ipocrisia degli scrittori, con le storie editoriali, con le scuole di scrittura, con le giurie popolari, con i dati di vendita. Affondate nella ricerca di senso, nell’ansia da ricapitolazione, nella cacofonia di voci che si accavallano.

  

5 commenti su “Congetture su Jakob – Uwe Johnson

  1. Karenina
    26 Maggio 2018

    Feltrinelli

  2. Karenina
    26 Maggio 2018

    Condivido il tuo entusiasmo, I giorni e gli anni è stato un magnifico viaggio, unico neo la parlata simil-toscana degli antenati del Meclemburgo nella traduzione dell’Orma. Ma non conosco il tedesco perciò mi tocca accontentarmi. I primi volumi letti anni fa, forse Einaudi?, ricordo che non mi avevano fatto la stessa fastidiosa impressione.

    • 2000battute
      26 Maggio 2018

      anche qui la parlata gergale del padre (se ricordo bene) di Jakob viene tradotta con un simil-toscano talvolta mescolato ad altri dialetti e l’effetto non è dei migliori, forzato.

  3. eugenio premuda
    21 Maggio 2018

    Grazie! Uwe Johnson è un amore che da anni coltivo in solitudine.
    Questo e il terzo libro su achim e I giorni, gli anni sono i libri che più vorrei condividere e meno mi sento di farlo sapendo che troverei occhi ed orecchie distratti.
    Il tuo invito al naufragio è perfetto!

    • 2000battute
      21 Maggio 2018

      Il terzo libro su Achim mi è appena arrivato.

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Questa voce è stata pubblicata il 13 Maggio 2018 da in Autori, Editori, Feltrinelli, Johnson, Uwe con tag , , , , .

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