«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
I SOLDATI DELLE PAROLE
Frank Westerman
Traduzione di Franco Paris
Iperborea 2017
Adoro i reportage e Frank Westerman ne scrive di grandiosi, per cui quando lo trovo, prendo e leggo. Però anche Frank Westerman, come un po’ tutti d’altra parte, ha le sue giornate no, a volte inciampa o s’impunta o s’infila per una strada che si stringe troppo.
I soldati delle parole – che a ripensarci già il titolo aveva un suono un po’ fesso – non è un gran reportage e nemmeno una lettura particolarmente interessante. Westerman scrive bene e cerca di spremerne il massimo, ma è proprio il soggetto a essere fiacco. Si parla di terroristi e di mediatori della polizia, questi ultimi sarebbero i soldati delle parole, non un soggetto poco esplorato, soprattutto dal cinema che ne ha fatto quasi un genere a se stante. Per la parte dei terroristi, Westerman guarda nel giardino di casa prendendo in considerazione i molucchesi che negli anni ’70 in Olanda compirono alcune azioni sanguinose, tardi colpi di coda del periodo post-coloniale. Una parte più ridotta è dedicata alle azioni cecene di Shamil Basayev. Per il ruolo di mediatore, la parte di protagonista è riservata al capo mediatore incaricato dalla polizia in tutti i sequestri ad opera di molucchesi, una figura carismatica qui riportata con dialoghi e inquadrature cinematografiche. C’è anche una parte di alleggerimento con lo stesso Westerman che racconta di quando partecipò, da giornalista, a un corso per mediatori della scuola di polizia olandese. Impacci e ingenuità ovviamente abbondano, prima di una presa di coscienza e comprensione del ruolo.
Dopo aver letto Ingegneri di anime, l’opera più celebre di Westerman, un libro stupendo che attraversa i generi letterari e si immerge in un mondo dai contorni irreali, il confronto con questo è impietoso. Anche il più recente L’enigma del lago rosso era di gran lunga più coinvolgente, interessante e ricco di suggestioni di questo I soldati delle parole. Questo è un reportage giornalistico di intrattenimento allungato fin oltre l’opportuno per farne un libro.
Nient’altro da aggiungere, Frank Westerman rimane uno scrittore di reportage sublime e man mano che li trovo leggerò tutti gli altri suoi libri, però anche lui inciampa o talvolta s’infiacchisce o ha delle bollette arretrate da pagare.