2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Le cose che abbiamo perso nel fuoco – Mariana Enriquez

LE COSE CHE ABBIAMO PERSO NEL FUOCO
Mariana Enriquez
Traduzione di Fabio Cremonesi
Marsilio 2017

Aspettava già da tempo di essere letta questa raccolta di racconti di Mariana Enriquez. A me lei piace, la leggo da quando è apparsa in traduzione per quei coraggiosi ma inaffidabili di Caravan edizioni, i cui due titoli ora sembrano non più disponibili, ma con Caravan tutto è possibile, pure che abbiano chiuso, non so, mi dispiacerebbe.

I racconti di Mariana Enriquez sono racconti di donne, sono sempre donne i personaggi principali, spesso solo donne. Sono grotteschi, hanno un gusto macabro grottesco molto accentuato, caricaturale spesso, capace di annacquarsi con la realtà o la verosimiglianza, a voler fare i pignoli. Il quadretto grottesco, la scena surreale, i personaggi caricaturali, tutto sembra indicare una rappresentazione fumettistica, poi, improvvisamente, un sospetto si fa largo, che la realtà superi l’immaginazione o la farsa macabra, in questo caso, e purtroppo sappiamo che succede, spesso è proprio quello che accade ed è allora che il racconto di Mariana Enriquez vira, gira, svolta in un’allegoria e si fa potente. Nei suoi racconti, l’Argentina miserabile, violenta, feroce esce dallo sfondo in maniera cruda.

Non accade sempre, talvolta la svolta non c’è e il racconto rimane nella sfera fumettistica, talaltra non decolla, invischiato in un cliché che da segno stilistico diventa variazione sul tema. Per alcuni commentatori Mariana Martinez pesca fin troppo nel repertorio di Silvina Ocampo, io non lo vedo questo eccesso, mentre molto di più mi pare evidente un certo canone stilistico recente, ad esempio il paragone che farei io è con Anna Starobinec, altra ottima e giovane scrittrice di racconti di genere macabro-grottesco, e volendo andare sopra le righe proporrei un tributo a un maestro del genere come Vollmann, a cui molti giovani scrittori guardano in cerca di ispirazione.

Il racconto più celebre, quello che dà il titolo al libro, e probabilmente la cosa più geniale scritta da Mariana Enriquez, Le cose che abbiamo perso nel fuoco, chiude la raccolta ed era già apparso in Quando parlavamo con i morti, il primo volume pubblicato da Caravan. Gli altri racconti invece non erano presenti nell edizioni di Caravan (che, se riuscite, io suggerisco di recuperare).
Alcuni, soprattutto quelli in apertura del volume, sono molto piacevoli, scritti in uno stile personale che la identifica, affilati, recitati con voce suadente e ingannatrice, si leggono con ingordigia per giungere quanto prima alla svolta che si sa attendere silente. Altri appaiono un poco più stanchi, come si diceva, variazioni su un tema già ripetuto.

Lei è brava, ha trovato questa linea stilistica e la sta sfruttando a fondo. Poi si vedrà se riuscirà a reinterpretare ancora la stessa traccia o riuscirà a cambiare direzione per aprire nuove narrazioni.

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Questa voce è stata pubblicata il 25 agosto 2018 da in Autori, Editori, Enriquez, Mariana, Marsilio con tag , , , , .

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