«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
NORME PER LA REDAZIONE DI UN TESTO RADIOFONICO
Carlo Emilio Gadda
Adelphi 2018
Edizione minuscola per la Biblioteca Minima di Adelphi di un testo telegrafico che Gadda scrisse negli anni di lavoro per la radio. Il librino o quadernino, non saprei come meglio denominarlo, svolge funzione di divertito intrattenimento grazie alle celebri qualità umoristiche dell’autore che, giocando su un canovaccio già costruito e rappresentato da precedenti testi di istruzioni per gli autori radiofonici, produce una ilare elencazione di prescrizioni che mimando, ma forse sarebbe meglio dire incarnando, il tono burocratico, vanno a scoprire vizi e manie di cui le trasmissioni radiofoniche sono afflitte di frequente.
Le presentatrici e i presentatori di diversi programmi di Radio3, in particolare quelli a vocazione più culturale e letteraria, potrebbero trarre utili insegnamenti dalle norme radiofoniche gaddiane e dei suoi predecessori circa la durata massima sopportabile dei monologhi e delle letture, l’uso di vocaboli tecnici, rime involontarie e altro.
Il breve testo gaddiano, non più di tre o quattro cartelle in realtà, è seguito da una pregevole postfazione a cura di Mariarosa Bricchi ed è solo grazie a tale postfazione se l’edizione minima di Adelphi può ragionevolmente assurgere a dignità di prodotto commerciabile con un prezzo e un successivo scontrino. Il merito della postfazione è quello di disegnare una cornice storica attorno al trafiletto di Gadda, in particolare mostrando come l’autore abbia ampiamente ed evidentemente attinto ad analoghi trafiletti già esistenti, quasi sempre limitandosi a ricamare e infiorare in gaddiana superba maniera più che a produrre di sana pianta nuove prescrizioni per gli autori radiofonici. Specialmente interessante appare essere la versione delle norme radiofoniche redatta da Antonio Piccone Stella, già direttore del giornale radio RAI nel 1948. Possiamo penso dire quindi che Gadda si è prodotto in una interpretazione burocratico-letteraria, non tanto in una creazione.
L’ultima osservazione che il magro quadernino induce riguarda la già citata natura commerciale del breve testo gaddiano che in origine non ebbe tale natura. Possiamo cercare un metro di riferimento. Al prezzo di euro 6, le Norme non raggiungono il prezzo di un biglietto per un cinema e, considerata la qualità media dei film in circolazione lascio a voi continuare nella deduzione. Al prezzo di euro 6 si acquistano ben pochi generi alimentari o bevande capaci di dare un certo piacere e ben difficilmente un piacere paragonabile alla lettura delle Norme. Tutto ciò inclina il giudizio verso una certa benevolenza nei confronti di Adelphi.
Tuttavia, il prezzo di euro 6 costituisce aritmeticamente un quarto di euro 24, il prezzo de La cognizione del dolore, opera sublime dello stesso Gadda edita dalla stessa Adelphi. Sotto questa luce, la ragionevolezza emersa con i paragoni più goderecci commerciali vacilla: È mai possibile paragonare la striminzita corporatura delle Norme con la possanza di 90 pagine, l’equivalente di circa un quarto de La cognizione? Evidentemente no, anche accordando la più ampia tolleranza alla flessibilità lineare dei prezzi.
Ecco che quindi da un lato emerge l’ipotesi che sia il valore della postfazione la parte preponderante del valore commerciale, dall’altro si verifica, cosa non nuova ma sempre curiosa da osservare, quel fenomeno di dilatazione e compressione quantistica dei prezzi di opere editoriali, molto evidente proprio nel caso di dimensioni lillipuziane come con le Norme. Viene da domandarsi se in certi casi non sarebbe più consigliabile un beau geste dell’editore per svincolarsi dall’apparente natura forfettaria e quantistica del commercio. Ma tant’è.
Dalle Norme:
«Non v’ha chi non creda che non riuscirebbe proposta inaccettabile a ogni persona che non fosse priva di discernimento, il non ammettere che si debba ricusare di respingere una sistemazione che non torna certo a disdoro della Magnifica Comunità di Ampezzo».