«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
MANOSCRITTO TROVATO A SARAGOZZA
Jan Potocki
Edizione integrale a cura di René Radrizzani
Traduzione di Giovanni Bogliolo
Guanda 2002
Esistono libri che, come balene, solcano le vastità oceaniche emergendo in superficie di tanto in tanto. Talvolta le si vede attraversare l’orizzonte, altre solo uno sbuffo d’acqua e niente più. Questo Manoscritto trovato a Saragozza è un libro-balena, ogni tanto riemerge, quel che basta per riaccendere la curiosità di leggerlo, poi si inabissa nuovamente e con lui la curiosità.
Nei mesi scorsi il passaggio di questo libro-balena attraverso il mio orizzonte è stato più frequente della norma e aver appreso un dettaglio editoriale insolito ha reso la curiosità irresistibile. Esistono diverse traduzioni italiane di questo testo scritto tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, di Adelphi e Guanda le principali, ma l’aspetto insolito è che anche le edizioni originali variano, quella di Adelphi non è l’edizione integrale, mentre lo è quella di Guanda. Uno dei motivi è che questo testo ha seguito vicende editoriali bizzarre, comparve come due romanzi distinti per volontà dell’autore, poi vi furono successivi smembramenti e versioni differenti, fino alla metà del ‘900 quando il testo, ormai quasi dimenticato, venne ripreso e qualche editore iniziò un nuovo lavoro sulle fonti per darne una versione coerente. Tutto questo può rendere il libro affascinante da un punto di vista storico e intellettuale, ma nel mondo piccoloborghese di pettegolezzi e pruriti che è la contemporaneità alla quale non sfuggo, molto più stimolante ai fini della lettura è sapere che l’austera Adelphi ha in catalogo una versione ridotta rispetto alla più nazionalpopolare Guanda. Risultato: si legge l’edizione di Guanda.
Il libro è una narrazione di gusto picaresco, fa grande uso dell’ironia e del grottesco, presentata con l’espediente letterario del manoscritto casualmente ritrovato da un ufficiale dell’esercito napoleonico durante la conquista di Saragozza, avvenuta nel 1809. Ha una particolarità questo libro: non è una storia ma una costellazione di storie ognuna incentrata su un diverso personaggio, i cui frammenti si innestano l’uno nell’altro a formare una ininterrotta successione di incisi. L’architettura generale è semplice: sullo sfondo della Spagna settecentesca, arcaica e dipendente da una corte in piena decadenza, ricca però di tradizioni antiche, esoterismi e misteri, crocevia di etnie e religioni, un piccolo gruppo di personaggi principali si ritrovano insieme e prendono a narrare, secondo uno stile che ricorda ancora molto le avventure cavalleresche dell’alto medioevo. In quelle narrazioni vengono introdotti ulteriori personaggi, i quali, a loro volta, cominceranno a narrare, introducendo ulteriori personaggi che narreranno e così via, a pezzi di narrazione incastrati in altri pezzi di narrazione il testo si apre con una tipica struttura d albero frutto di una tecnica che, la prefazione lo specifica e gli specialisti avranno già intuito, ha un nome preciso: ricorsione, ovvero una struttura che richiama se stessa e ancora se stessa e ancora e ancora innestandosi in livelli sempre maggiori. Questa è l’architettura del Manoscritto trovato a Saragozza ed è curiosa perché se da un lato la narrazione risulta particolarmente fantasiosa, piena di storie di fantasmi, demoni, duelli, amori, travestimenti, personaggi levantini, cabalisti ebrei, c’è pure l’Ebreo Errante tra i convenuti, zingari, geometri galileani, cavalieri, principesse e misteriose genealogie sotterranee, d’altra parte la costruzione della narrazione è puramente ingegneristica, attesta uno spirito illuministico fervente per quanto è rigorosa ed esplicita. La stessa combinazione degli ingredienti letterari, l’eterogeneità di personaggi e generi, le diverse fascinazioni che vuole ispirare sono in modo evidente studiati con precisione galenica per creare un effetto che a prima vista può sembrare una confusione di voci, ma dopo un periodo di ambientamento dovrebbe produrre un alone di affascinante sfida intellettuale perché all’estrema eterogeneità dell’apparenza fa da sfondo un tratto comune, un mistero che tiene tutto insieme, una natura umana che accomuna. Di nuovo, dietro la maschera picaresca barocca si intravede l’illuminista fervente, l’uomo nuovo razionale, quale Jan Potocki è stato, che usa gli strumenti della commedia tradizionale per aprire una finestra sul nuovo secolo, la nuova epoca, la modernità, il predominio della scienza e della ragione, l’infinita diversità umana come tratto distintivo di una natura comune scevra di ogni esoterismo del passato.
Bene, detto ciò, come è stata l’esperienza di lettura? È un testo lungo anche se non impegnativo, una maratona non uno sprint, e come sa bene chiunque corre per lunghe distanze, durante la corsa si attraversano momenti diversi, si provano sensazioni differenti e il proprio corpo e mente rispondono in modi che cambiano al passare del tempo e della distanza e con l’accumularsi della fatica.
Per me non è stata una maratona di successo la lettura del Manoscritto trovato a Saragozza. Mi sono divertito e l’ho gustato per la prima metà, poi la ripetitività del meccanismo letterario e una certa fatica anche dell’autore ha iniziato a manifestarsi sempre di più. Da un certo punto in poi mi è venuto a noia, insopprimibile noia. Jan Potocki era cosciente di tutto questo, da qui le incertezze nelle edizioni.
Quindi, tornando al punto fondamentale, l’origine di tutto: quale edizione preferire? Dipende.
Se siete di quelli con aspirazioni di conoscenza vagamente filologica o storica o comunque resistete eroicamente alla deriva moderna della fruizione motivata dal puro intrattenimento, questa operazione ispirata dal bieco capitalismo mercantilista che trasforma tutto e tutti in mercato, questa palude che un giorno le forze anarchiche dell’utopia sconfiggeranno… Nel fosco fin del secolo morente | sull’orizzonte cupo e desolato | già spunta l’alba minacciosamente | del dì fatato … trallallà lallà lallà… ecco se siete per una cosa del genere, anche un po’ più composta va bene lo stesso, allora la scelta non si pone, si legge il testo integrale di Guanda e ci si impicca sui riccioli barocchi. Dopodiché viene la curiosità di leggere la versione di Adelphi per vedere se quei gran marpioni snob milanesi hanno fatto la scelta migliore.
Se invece non avete il sacro fuoco dell’anarchia che brucia nel vostro petto allora non lo so, chi siete? chi vi conosce? che ne so io cosa è meglio per voi!
Banditi senza tregua | andrem di terra in terra | a predicar la pace | ed a bandir la guerra | la pace tra gli oppressi | la guerra agli oppressor | la pace tra gli oppressi | la guerra agli oppressor.