«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
LA STORIA DELLA MATITA
Peter Handke
Traduzione di Emilio Picco
Guanda 2018
Il mio sentimento nei confronti di Peter Handke si può certamente dire di amore. Talvolta mi domando però se in realtà non sia solo nostalgia del passato. Amore o nostalgia del passato? Come uscire dal busillis? Secondo te può essere entrambi, amore e nostalgia del passato? Non so, a dire di sì mi sembrerebbe di aver degradato l’amore a rimpianto, con tutto quel che ne consegue sul piano della purezza del concetto. Eppure a me sembrano coesistere, forse a giorni alterni. Va anche aggiunto che quando si dice Peter Handke automaticamente si presenta anche Wim Wenders e quando si dice Wim Wenders automaticamente arriva anche Peter Handke, però, almeno per me, il busillis di amore e nostalgia non ce l’ho anche per Wim Wenders. O forse sì, ora che ci rifletto meglio? Forse sono la stessa cosa. Non mi soddisfa questa spiegazione… la stessa cosa. Macchè! Infatti mi succede per Peter Handke una cosa particolare che non mi succede per Wim Wenders, e cioè che in modo devo dire non saltuario mi sveglio certe mattine con un dubbio: Non sarà mica morto Peter Handke stanotte? Allora mi precipito a controllare le notizie e per fortuna finora Peter Handke non è mai morto. Rimane il fatto che attendo con una certa angoscia il giorno in cui guarderò le notizie e ci sarà scritto che è morto Peter Handke. Morirà un pezzo anche di me quel giorno.
La storia della matita è del 1992, lo leggiucchiai in una biblioteca in quegli anni e l’avevo dimenticato, ora è stato ripubblicato e questa volta l’ho letto per intero. È quasi illeggibile, devo ammettere. Come minimo richiede parecchia pazienza e molta flemma perché si compone di una sequenza di brevi frasi, quasi un elenco di aforismi o pensieri che sono passati per la testa di Peter Handke e lui li ha buttati sulla pagina così come gli venivano. Sembrano gli stracci di cui si ricopre uno che vive per strada, buttati uno sull’altro senza altro scopo che non di proteggersi e sopravvivere al gelo. Lo stesso per i pensieri de La storia della matita, non c’è una struttura né un filo logico apparente, Handke se li butta addosso per farsi scudo e rimanervi dentro isolato. A tutti gli effetti non è una storia della matita, ma la storia della matita viene citata in uno di questi pensieri e non ha niente a che fare con tutti gli altri. Ci vuole amore per Peter Handke, io penso, per volergli bene anche dopo la lettura de La storia della matita e io, se lo vuoi sapere, sento di volergli ancora più bene di prima per avermi fatto penare come un dannato a finire il libro. Anzi forse è proprio per questo che provo una nostalgia così intensa e so che morirò un po’ anche io quando morirà lui, perché non ha niente a che fare con il presente pur facendone parte, perché Peter Handke è un’altra cosa, è uno scrittore vivente che ha il distacco dalla banalità quotidiana di uno scrittore defunto, è un principio di esistenza alternativo e indipendente, dalla vanità e dalla volgarità degli uomini e delle donne prima di tutto. Come potrei non amare, da sempre e profondamente, Peter Handke?
Quando mi prende uno degli accessi di odio nei confronti dei rappresentanti di questa o quella categoria del genere umano, poi mi accorgo sempre ben presto che in tal modo non faccio che mettere in moto questa gente priva di amore: a quel punto potrebbero proseguire senza fine la corsa con il mio testimone, e allora vorrei subito metterli a tacere (per cui si meravigliano molto di me, dato che, dopo tutto, ho cominciato io). (Gioca questo gioco)
Come penso ora, ho pensato da sempre. Perciò non dovrei cercare di appurare come «ho pensato un tempo»: un tempo ho pensato come ora
Troppa gentilezza si pretende da me. A volte riesco giusto a trovare ancora la forza per l’assenza, quale maniera mia di esprimere gentilezza
A tutte le opinioni e affermazioni correnti circa lo stato attuale del mondo rispondi semplicemente con la domanda: «Chi lo dice?»
Il controllore scese dal treno in sosta e gridò il nome della stazione: «Poggio Rusco!»; e gli alberi del luogo deserto di umani si agitavano forte nel vento
Ho detto una bugia. Sono andata a guardare su aNobii è ho visto che avevo letto dell’autore 10 anni fa “La donna mancina” e lo avevo trovato angosciante. Beh per lo meno non era noioso e banale!
Non lo conosco. Mi hai fatto nascere la curiosità
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.