«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL MONTE ANALOGO
René Daumal
A cura di Claudio Rugafiori
Adelphi 1968
Un racconto tra i più sorprendenti. Mimetico, camaleontico, si prende gioco delle categorie riflettendo lampi di fantastico, lascia che si scorga il profilo mistico di Poe, lo sguardo fiabesco di Verne, il mento prognato di Stevenson. Poi con ironia conduce tutti verso un porto immemore, quello del Monte Analogo, il monte del destino umano, il passaggio al divino, il sentiero che gli uomini hanno sempre voluto percorrere.
La voce di interrompe a metà di una frase, quando la salita è appena agli inizi e le illusioni ancora possono colorare di tinte fluttuanti. Quel giorno si spense René Daumal e ogni speculazione è lecita.
Dov’è realmente il Monte Analogo? Qualcuno mai l’ha scalato? Cosa ne è stato di chi è salito e mai più ridisceso?
Sono questi come Il Monte Analogo i grandi racconti. Quelli che, con la leggerezza di una danza e l’ironia di burattino, ti lasciano con il perenne ricordo di una domanda alla quale non potrai mai, in nessun caso, dare risposta.
Lo interrogai: ma che cos’è dunque questo «alpinismo analogico»?
— È l’arte…
— Che cos’è un’arte?…
— Valore del pericolo:
temerarietà —> suicidio
al di qua, insoddisfazione.
— Che cos’e pericolo?
— Che cos’è prudenza?
— Che cos’è montagna?(dalle carte ritrovate di René Daumal)