«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
INCERTA GLORIA
Joan Sales
Traduzione di Amaranta Sbardella
Nottetempo 2018
Un grande libro, pubblicato solo recentemente in Italia. Un libro unico, pieno di immagini antiche e di voci che potremmo sentire perfino oggi, ovunque, forse nella mia o tua stessa testa. Il libro ha una maestà solennissima e grandiosa nel raccontare coloro che sono stati qualcosa e non lo sono più, come se alla guerra combattuta dalle truppe, in questo caso durante guerra civile spagnola, si affiancasse la guerra vissuta con se stessi. Tutti, ne Incerta gloria, sono ex- di qualche cosa. Anche la guerra stessa, nel racconto di Sales è una ex-guerra civile, della quale restano i detriti, lo stesso Incerta gloria, che possiamo finalmente leggere, è un ex- di quello che fu, delle versioni attraverso le quali è passato in decenni di esistenza, sottostando alla censura franchista, forse svincolandosi dalle stesse ossessioni di Joan Sales per diventare qualcosa che non è più quello che fu un tempo. Questo è un punto cruciale. Essere un ex. Lo sono tutti in questo libro, forse sono in guerra proprio per quello, ormai nessuno sa più perché si combatte, la causa che veniva invocata in origine, quella causa non esiste più, nessuno sa più quale sia, da una parte e dall’altra. Non è per la causa che i protagonisti sono nell’esercito repubblicano. È perchè sono degli ex-, di una vita precedente, di illusioni precedenti, di una giovinezza precedente. La cocciutaggine di Joan Sales nel definire i suoi personaggi per quello che non sono più è quasi fanatica ed è uno degli ingredienti della grandezza sublime di Incerta gloria.
Ma c’è un’eccezione, che ha disorientato molti, forse tutti i lettori, ed è un personaggio che si chiama Soleràs. Questi è l’eccezionalitá che Joan Sales dissemina nel lungo testo. La scintilla di follia geniale che guizza imprevedibile, l’elemento che scombina ogni teoria che via via si va formando durante la lettura e la leva letteraria che l’autore usa per schiodare i piani e ricombinarli. Soleràs non è un ex- di qualche cosa, per questo è incomprensibile a chiunque, anche agli stessi lettori, ma affascinante, magnetico. Rappresenta la purezza del male e del bene, l’ideale incontaminato dai liquami del mondo, la cui inumanità non è reazione all’essere stato e non essere più, ma è l’esclusivo risultato di uno spirito inaccessibile. È Soleràs il personaggio che sembra provenire dalla letteratura russa e che ha fatto dire a qualcuno, sbagliando io credo, che Incerta gloria è libro che riesce a richiamare i classici russi. Non è così, non richiama i classici russi quanto non richiama i classici risorgimentali italiani o la letteratura di guerra sull’epica della sconfitta e della lenta ritirata. Soleràs ha certamente i tratti del dannato della letteratura russa, un Peredònov di Sologub, forse, incatalogabile miscuglio di bene e male, di genio e meschinità, un personaggio volutamente caricaturale che esercita un’attrazione magnetica su ogni lettore. Nel leggere Incerta gloria si attende continuamente la nuova apparizione di Solaràs, unico tra i quattro personaggi principali a non disporre mai della voce narrante. Come detto, è l’eccezione, il demone/angelo che si muove furtivo sullo sfondo, di tanto in tanto occupando la scena, ma sempre lasciando aleggiare la sua presenza.
Eppure, dico io, non è Soleràs il vero protagonista della storia. Soleràs scompare, come un fuoco fatuo, come una creatura del mito, come un’ombra che si muove sullo sfondo. Non è lui l’anima della narrazione. Non lo sono nemmeno Lluis e Trini, due delle tre voci narranti, una per ognuna delle tre parti dell’opera. Non lo sono perché non soltanto sono ex- di molte vite e di molte anime dissolte, ma perché da quella dissoluzione non emergono mai, Joan Sales non li lascia riemergere, li tiene immersi, ve li trascina, e infine li dissolve anche loro definitivamente.
Rimane solo una voce, uno degli ex-, uno dei reduci di molti fallimenti: Cruells. È lui l’anima del libro, è lui che si incarna anche negli altri tre, li sostanzia, li ricapitola, li compenetra, una parte della voce degli altri è voce di Cruells, una parte del mito di Soleràs è racconto di Cruells, una parte dell’unione e poi della separazione di Lluis e Trini è narrazione di Cruells. È Cruells quello che attraversa la piana stepposa, durante la ritirata, sopravvivendo agli attacchi aerei. È sempre Cruells a osservare e a partecipare alla carneficina, lui vero demone e santo, folle e saggio, invidioso e capace di perdono. È lui l’unico che sopravvive e che riemerge dalla condizione di ex-, libero da tutto, avendo attraversato tutti i tempi e tutte le anime, per approdare infine alla follia che tutto perdona.
Incerta gloria ha avuto una storia editoriale travagliata. Assume la versione ora tradotta solo nel 1971, dopo una prima pubblicazione in Spagna nel 1956, soggetta a forte censura. Appare in Italia solo nel 2018, e lo stesso in gran parte d’Europa. È stato scritto, riscritto, emendato, esteso, Joan Sales ha continuato a scriverlo per quarant’anni, talvolta a rotta di collo, in previsione di una pubblicazione, più volte rimandata. Forse anche per questo è tanto diverso nelle sue voci, nelle sue tre parti. Ne esiste anche una quarta, che però fu deciso, dallo stesso Joan Sales, di renderla un romanzo a se stante. Non è mai stata pubblicata in Italia, forse lo sarà, forse con il titolo Il vento della notte, ma non si sa. Ogni buon lettore dovrebbe sperare che ciò possa avvenire.
Le ragioni della storia sofferta sono da cercarsi forse nel fatto che è un libro lungo, forse perché Joan Sales era catalano, forse perché non si sa come catalogarlo, o perché la guerra civile spagnola interessa poco. Io penso che Incerta gloria abbia invece una colpa capitale, agli occhi del mercato editoriale, quella di rinnegare tutto e chiamarsi fuori. Le rivendicazioni sono sempre ammesse in letteratura, di qualunque genere, anche le più abiette sono un’espressione letteraria e si guadagnano un’etichetta in un catalogo. Un libro senza rivendicazioni è un libro piatto, spesso monotono, ma anche per questi esiste un’apposita sezione tra i banchi di un mercato letterario.
Un libro che rinnega tutto, invece, non ha una collocazione. Bisogna di volta in volta dire che si tratta di una storia di guerra, o di un libro cristiano o anche anti-cristiano, di un libro sulla storia catalana, oppure un libro sul passaggio alla modernità, se non di un libro che critica gli anarchici. In realtà Incerta gloria non è nessuno di questi libri ed è tutti questi libri. Per i riti feudali e l’arretratezza rurale della Catalogna descritta da Joan Sales, avrebbe potuto essere stato scritto durante il Risorgimento, oppure nel dopoguerra del Meridione italiano. Lo sconcerto per la perdita delle illusioni e delle utopie è invece profondamente moderna, Incerta gloria potrebbe arrivare fino agli anni ’80 del Novecento, lo stesso per la critica alla cristianità, quella perfino oggi è attuale.
Per cui, è un libro indefinibile anche nell’epoca, lo si può spalmare a piacere su un secolo o più. Ma oltre all’epoca di riferimento incerta, ancor più la colpa di Sales, io penso, sia stata di non prendere una qualsiasi posizione, rifiutandole tutte. Ex-cattolico, ex-anarchico, ex-repubblicano, antifascista, critico della modernità tanto quanto dei riti antichi, critico del matrimonio e della convivenza, cinico nei confronti dell’animo umano, Joan Sales non salva niente e nessuno pur non rivolgendo alcuna accusa diretta. Per cui non è nemmeno un contestatore o un sovversivo. È uno che si tira fuori da tutto e da tutti e scrive un libro meraviglioso. È questo che gli ha meritato la censura prima, l’oblio forzato poi, fino a oggi.
A me quelli che consigliano di leggere questo o quello non piacciono. Per non dire poi di quelli che intimano Dovete leggere!, questi andrebbero fatti oggetto di pene di non lieve entità. Esistono però le eccezioni e Incerta gloria lo è. Credo che sia un libro che va letto, perché magnifico e indimenticabile, e perché Joan Sales è autore fenomenale praticamente sconosciuto in Italia.
Un’ultima parola per la casa editrice e la traduttrice.
Non sono grande fan del catalogo di nottetempo, ma in questo caso merita riconoscenza infinita, come in pochi altri casi di editori italiani. Sono stati coraggiosi e hanno fatto onore al mestiere di editore.
La traduttrice ha compiuto un lavoro monumentale. Nelle note finali, Amaranta Sbardella cita Joan Sales, il quale disse che una traduzione di Incerta gloria avrebbe dovuto mostrare “vivacitá” e “grazia”. Ci sei riuscita.