«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
MARGINALIA
Edgar Allan Poe
Traduzione di Cristiana Mennella
Adelphi 2019
Il volume si presenta in dimensioni tascabili, se si è dotati di tasca di ampie proporzioni, non particolarmente piacevole al tatto, per via della patinatura scelta per la collana “Gli Adelphi” che gli conferisce una certa gommosità, e introdotto da un’immagine di copertina raffinata, come da tradizione della casa editrice. Il colore nero prevalente, insieme al tratto goticheggiante del disegno caricaturale, strizza l’occhio ai misteri delle fantastiche storie dell’autore.
È innegabilmente una presentazione stuzzichevole, se si esclude l’appiccicosa sensazione lasciata dalla carta della copertina, così come il titolo, Marginalia, scelto con abilità strategica, favorisce pensieri misteriosi e ingolosisce.
Il contenuto non soddisfa in niente la suspense creata dalla copertina. Anzi, si tratta di libro profondamente noioso, più noioso della semplice noia prodotta nel tentativo di leggerlo, una noia addirittura epocale, oserei dire, anzi una noia carsica, che scava nel ventre stesso della lettura, tutto intriso di un senso di svogliatezza annoiata che lo stesso Poe probabilmente intendeva produrre nei lettori dei suoi interventi su riviste letterarie americane della metà dell’Ottocento. La noia originale era certo temperata dal fatto che gli interventi erano sporadici e su riviste forse già orientate a un pubblico abituato a crogiolarsi in uno stato di noia, reminiscenza di una certa aristocrazia già demodé ma ancora capace di ispirare modelli popolari per l’allora alta borghesia nascente dagli stenti e dalla fanghiglia americana.
Raccogliere tali interventi e allinearli in volumetto per proporli ai lettori della fine 2019, certamente annoiati dallo stato del mondo contemporaneo ma non più molto ispirati da nobili decadenze che si allungano sul trascorrere del tempo discettando di poesia e di come questo o quello sia un pessimo poetastro o un mediocre travisatore della metrica giambica, ecco tutto questo, questa cosiddetta “operazione editoriale” io temo, e me ne dispiaccio per l’affetto mitteleuropeo che nutro per Adelphi, dicevo tutto questo, per intendere il volumetto gommoso, temo si traduca in un insuccesso editoriale e purtroppo, devo ammettere per rigore morale, non penso di dispiacermene più di tanto.
Certo, antologicamente parlando e con spirito comparativo, uno potrebbe pur sempre trarre spunto da questa lettura per osservare come due secoli e mezzo fa Poe esprimeva noiose osservazioni, cariche di alta erudizione, sulla propria contemporaneità e le piccole strofette di certi suoi colleghi rimatori, con uno spirito ironico, quasi sarcastico, come probabilmente si conveniva a certa aristocrazia intellettuale quando osservava quelli che in un passaggio chiama “intellettualoidi”. Erano pur sempre parole provenienti da un genio assoluto, conclamato e acclamato. Ecco, uno potrebbe voler paragonare questi interventi con gli interventi pubblici degli scrittori contemporanei, poseur indefessi con il loro gracchiare scempiaggini sui social network o il sonoro scoreggiare in ponderose articolesse sulle discreditate testate giornalistiche. Uno potrebbe senz’altro prendere queste marginalità a spunto per rincarare la dose di pessimismo nei confronti del ruolo dell’intellettuale contemporaneo, neanche più comparsa o soubrette sul palcoscenico dei potenti, ma ormai in nulla distinguibile dall’archetipa “casalinga di Voghera” con la quale sembra condividere modi, forme, idee e senso morale. Ma tutto questo non c’è in Marginalia, come potete ben immaginare, si tratta solo di un mio modo per allungare il brodo e giungere a una conclusione di questo inutile commento.
Dalla prateria della noia capita che spuntino aforismi caustici o furbeschi, come isolati cespugli che chissà dove riescono a succhiare quelle poche goccie d’acqua per il loro nutrimento.
Mi sbaglierò – è così senz’altro – eppure ho come l’impressione che molta di quella che la gente chiama profondità è andata bellamente sprecata su un argomento sempre ricorrente, il declino del teatro.
Un ritmo trocaico, ad esempio, dovrebbe immancabilmente cominciare con un trocheo. Mi dilungo tanto su questo punto all’apparenza di nessun conto, perché il fenomeno di una spiccata banalità nell’imperfezione, che comporta una non meno spiccata originalità nel merito, ha rivestito per me notevole interesse.
Affinché possa elevarsi, l’uomo di genio ha bisogno soltanto di materia morale in movimento. Dove vada a parare non fa differenza – se pro o contro di lui – né conta assolutamente «di cosa si tratta».
Diffamare un grand’uomo è la maniera più rapida per un piccolo uomo di conquistarsi la grandezza. Il Granchio forse non sarebbe mai divenuto una costellazione se non fosse per il coraggio mostrato nel mordicchiare il calcagno di Ercole.
Perchè non legge Joseph Roth, una lettura veloce: il racconto “La ribellione” inserito nella raccolta “Romanzi brevi”, a parer mio un capolavoro, davvero.
La prego, mi dia soddisfazione. Sua umile ammiratrice.
Non riesco a capire perchè lei sia passato a questa lettura. mi ero abituata a un altro ritmo.
l’abitudine rende l’uomo pigro.