«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
LA ZATTERA DELLA MEDUSA
Franzobel
Traduzione di Silvia Verdiani
il Saggiatore 2019
Si può iniziare a leggere il libro ancora prima di posare lo sguardo sull’incipit,
Tre per nove è giovedì, e il 18 luglio dell’anno 1816 era un magnifico giovedì.
o ancor prima di avere indugiato sulle due epigrafi, quella della troppa acqua, ma che non si può bere, e quella sugli uomini che diventano fiere se in preda a certa follia e dai quali occorre difendersi come quando si è attaccati dalle fiere.
Si può iniziare, naturalmente, come tutti sanno benissimo e ostentano dopo aver letto il libro, osservando il celebre quadro di Géricault. Non che sia un quadro poco osservato, anzi in generale è un quadro molto osservato e commentato del quale è stato detto e ipotizzato tutto sulle figure in esso rappresentate, i gesti, le pose, la composizione plastica dello strazio dei naufraghi, quella scena di morte e sofferenza che contiene però, diluita proprio nelle pose e nei volti straziati, una inconfondibile mano di grottesco.
Ci possiamo soffermare qualche istante. Meditando e osservando. Se clicchi, la figura si ingrandisce, non serve che cerchi di guardare avvicinandoti fino a toccare lo schermo con il naso.
Al centro di tutto, è evidente, c’è una contraddizione in termini incarnata dall’uomo che sembra meditare, in mezzo ai cadaveri, apparentemente indisturbato dall’eccitazione dei compagni, dal disfacimento dei corpi riversi, e dal mare che agita quella imbarcazione precaria. Quell’uomo sembra estraneo alla scena. Eppure è lì, sulla zattera, non può esservi giunto se non condividendo il destino con gli altri, morti o superstiti, deve aver attraversato gli orrori come tutti gli altri, essere sopravvissuto soffrendo gli stenti e con i mezzi usati dai suoi compagni, perfino ai più tremendi espedienti non può essersi astenuto. Allora perché Géricault ci sottopone a questa beffa rappresentando l’assurdo? Ci prende in giro somministrandoci un gioco psicologico con un elemento impossibile in una rappresentazione iperrealista? O volutamente spariglia le carte per lasciare aperta la porta a qualunque interpretazione? E se invece fosse soltanto una composizione simbolica nella quale ogni personaggio recita una parte indipendente dagli altri?
Franzobel, pseudonimo di Franz Stefan Griebl, austriaco e al momento vivente, scrive tutta la storia, di quello che viene prima e di quello che viene dopo l’immagine ritratta da Géricault, mettendo grande cura nel mantenere le esatte proporzioni del quadro. Per questo è divertente osservare il quadro, perché si vede con molta nettezza come sia stato usato da canovaccio per la storia. L’uomo che medita estraniato al centro della scena rimarrà al centro della scena, meditabondo ed estraniato, anche nel libro, i corpi riversi lo saranno fin dall’inizio, quando ancora vivi, si appresteranno a quella fine, i sopravvissuti sono destinati a sopravvivere, gli uomini a rotolare nella follia fino a diventare fiere e, come fiere, a sbranarsi l’una con l’altra. Ma soprattutto, quello che Franzobel non smette mai di tenere con mano fermissima e implacabile è il senso di grottesco e di assurdità con il quale avvolge tutto il mondo del libro come se gli avesse steso sopra una morbida coperta di velluto. Tutto è grottesco e assurdo. E quando dico tutto, voglio proprio dire tutto, incluso quello che a te dà un po’ fastidio che sia trattato in modo grottesco. La morale. La morte. La cacca. La miseria. I potenti. La giustizia. Il bene. I bambini. I libri e le storie di avventura. Tu pure. Grottesco tutto, grotteschi tutti. Grottesca assurdità, questa è la vera natura degli uomini, non il bene il male l’amore o la cattiveria, i santi i diavoli e tutte le storie che ci hanno raccontato per secoli i preti, i re, le madri e i maestri. Scavi sotto la superficie, o magari meglio dire che strappi via i vestiti e la pelle dal corpo, quello che rimane è grottesca assurdità.
Bello, molto. Michele Mari, che è gran scrittore, anni fa tentò di scrivere un libro dal gusto simile, si intitolava Roderick Duddle. Ne fu travolto. Fu il primo grande, disastroso fallimento della sua produzione letteraria. La grottesca assurdità mutò in grottesca esibizione di erudizione, un esercizio letterario fine a se stesso dal quale non si è più ripreso. Franzobel non compie quegli errori mortali e riesce a rimanere in equilibrio sul filo di ragno teso tra gli alberi della nave. Scrive una commedia grottesca con il piglio sicuro di un’epoca lontana, un’epoca di teatri con le grancasse e i personaggi dalle forme ripugnanti, storie capaci di sedurre con la faccia ghignante dell’assurdità.
Alla fine tornerete all’inizio, a guardare il quadro con la zattera, ma questa volta con il ghigno di chi è stato beffato ma ha capito il trucco.
Tutto bene, caro 2000battute? E’ da troppo tempo che non appare…
Sì bene, grazie per l’interesse. È periodo destabilizzante, come per tutti penso, anche il ritmo delle letture è cambiato, pure il genere, l’intrattenimento ora non è la voce che apprezzo, l’isolamento ha preteso ogni spazio. Tornerà il momento di parlare, ne sono certo.