«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
L’ALBERO INTRICATO
David Quammen
Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra
Adelphi 2020
Sei anni fa scoprivo David Quammen grazie alle cronache dell’epidemia di Ebola in Africa Occidentale e all’ottimo Spillover meritoriamente pubblicato da Adelphi, assurto a recente fama per le vicende dell’attualità. Non ci si faccia trarre in inganno dal fatto che in queste settimane ogni due giorni esce un’intervista a David Quammen. È solo cronaca, non cultura. Non abbiamo finalmente scoperto il valore della buona saggistica divulgativa, mettetevi il cuore in pace, il Quark televisivo, recitato con il tono mieloso di Angela e con lingua elementare da libro degli animali per bambini, è e rimane il massimo traguardo concepibile e tutti i David Quammen torneranno a essere ignorati, tranne che da una risicata minoranza, non appena la necessità di prestare attenzione a cosa diavolo siano i virus verrà meno.
Questo giusto per dichiarare la mia houellebecquiana opinione sul mondo.
Veniamo a L’albero intricato, titolo che è la traduzione un po’ cacofonica dell’originale The tangled tree, libro del 2018. Adelphi come prassi non riporta sottotitoli, ma l’edizione originale un sottotitolo ce l’ha e non è inutile perché è: A radical new history of life, il che qualcosa dice sul contenuto del saggio. RImaniamo però ancora sul significato del titolo. L’aggettivo “intricato” non rende in modo fedele il significato di “tangled” usato nel titolo originale (l’aggettivo “tangled” è notoriamente difficile da rendere in italiano), perché “intricato” ha la valenza negativa di confuso, avviluppato come di massa inestricabile. Cita la Treccani come sinonimi: aggrovigliato, arruffato, ingarbugliato, (fam.) intrugliato, labirintico, complicato, confuso, disordinato, imbrogliato, (fam.) incasinato. Questi aggettivi non rappresentano il significato del titolo A tangled tree e del contenuto del libro. Di un albero, in generale, si può forse dire che ha una chioma intricata (io in ogni caso non lo direi), ma di certo non è questo il caso dell’albero a cui si riferisce Quammen.
L’albero di cui parla Quammen è l’iconografia dell’albero della vita, ovvero l’idea che l’evoluzione della vita sulla Terra, dalle forme unicellulari primordiali fino all’uomo, come tradizionalmente è stata intesa, sia rappresentabile con la forma di un albero che cresce a partire da alcune radici e si apre in un ventaglio di rami. Per questo il “tangled” del titolo non ha la valenza negativa di groviglio caotico e intricato della vegetazione di una giungla (più che della chioma di un albero), ma ha il significato di intrecciato, intersecato, come in “tangled web”, espressione usata per indicare una ragnatela di connessioni tra nodi. Quindi il tangled tree del titolo non è un albero ingarbugliato o intricato, ma è albero che perde la sua tipica fisionomia con una chioma fatta di rami dai quali si dipartono altri rami, per prendere sempre più quella di rete, fatta di rami che si innestano in altri rami dai quali si generano nuovi rami che si innesteranno a loro volta in rami. C’è un sostanziale slittamento semantico tra “l’albero intricato” e il “tangled tree”, come c’è tra un delta di un fiume fatto da un intrico di canali, i quali però tutti alla fine si gettano in mare, e un sistema di vasi comunicanti che trasferiscono liquido da contenitori a diverse altezze. Ora mi si dirà, va bene ma L’albero intersecato sarebbe stato improponibile, L’albero intrecciato pure. Vero, ma L’albero intricato non è un buon titolo in ogni caso, forse questo era uno di quei casi che giustificano una traduzione non letterale.
Ernst Haeckel, 1879
Riguardo all’iconografia dell’albero della vita, questa ha una storia lunghissima che si perde nella Storia, ma intesa come raffigurazione scientifica nasce nell’Ottocento e riflette la visione evoluzionistica derivata da Darwin. Non a caso, il più celebre degli alberi evoluzionistici è quello del 1879 del biologo e filosofo tedesco Ernst Haeckel, ammiratore e corrispondente di Darwin; una rappresentazione di enorme pregio stilistico che ancora oggi colpisce per bellezza e fascino, tuttavia una rappresentazione che non rispecchia la realtà, nemmeno se intesa come iconografia semplificata. Quammen dedica un intero capitolo di A tangled tree all’iconografia dell’albero della vita, riprendendo molto di quanto è stato commentato e analizzato in svariati saggi sulla nascita della teoria evoluzionistica e la sua prima diffusione dalla metà dell’Ottocento fino ai primi del Novecento, prima delle moderne revisioni e aggiustamenti.
La seconda cosa che va saputa è che se Spillover era piaciuto per la parte di narrazione avventurosa nei luoghi dove i virus più letali hanno l’habitat naturale e trovano le condizioni per il salto di specie, con protagonisti Quammen in prima persona e gli scienziati da lui raccontati, A tangled tree è un libro di tipo diverso, anche se non meno affascinante, a mio modo di vedere, anzi ancora più affascinante, intellettualmente parlando, sempre a mio modo di vedere. A tangled tree è prima di tutto un saggio storico sulla teoria dell’evoluzione e i molti malintesi di cui è stata vittima. Lasciamo da parte le idiozie dei creativisti la cui malafede e ottusità non merita qui alcuna attenzione. Non sono le loro superstizioni quelle a cui ci si riferisce parlando di malintesi, ma sono invece quelli nei quali sono incappati persone che hanno discusso e abbracciato la teoria evoluzionistica su basi scientifiche. Sono molti e permangono, da questo punto di vista la scuola è risultata carente a tutti i livelli. Scommetterei qualunque cosa che un’indagine sul grado di conoscenza della teoria evoluzionistica tra studenti e professori universitari di facoltà scientifiche e tecnologiche, le famose STEM, darebbe risultati deprimenti oltre ogni immaginazione.
Konstantin Mereschkowski, 1905. Uno dei primi alberi della vita “tangled”.
Il libro non è solo questo però. Questa è la premessa necessaria per seguire il resto, che è rappresentato invece dalla storia moderna della teoria evoluzionistica. Di questa storia poche persone sono a conoscenza perché le cose si complicano parecchio dopo la metà del secolo scorso quando le tecniche di analisi genetica hanno aperto una finestra sull’origine e l’evoluzione della vita.
Per raccontare questa storia, Quammen sceglie uno dei protagonisti di questa avventura scientifica, Carl Woese, un microbiologo statunitense che a partire dagli anni ’60 ha dato contributi fondamentali alla conoscenza dell’evoluzione delle specie. Non ha mai vinto un Premio Nobel, non è diventato un personaggio celebre al pubblico, è stato scienziato scontroso e talvolta dispotico, uno che si faceva molto più facilmente nemici che amici e che non sempre l’ha vista giusta. Però, tra le varie cose, è quello che ha fatto una delle scoperte più rivoluzionarie degli ultimi due secoli, ovvero che tutti gli alberi della vita fino ad allora proposti erano rappresentazioni sbagliate a partire dalle radici, per non parlare della chioma o del tronco. Fino a che non entrò in scena Carl Woese, i domini della vita, ovvero la categoria più fondamentale della tassonomia biologica, erano due: i Batteri (anche chiamati organismi Procarioti, cioè monocellulari) e gli organismi Eucarioti, tutti quanti gli organismi multicellulari. Woese ne scoprí un terzo, chiamato Archaea, forme di vita monocellulari che però non sono batteri. Se qualcuno dice “I coronavirus!”, la risposta è no, i virus e i prioni non hanno cellule e sono esclusi dalla tassonomia dei domini biologici, è ancora oggetto di dibattito se considerarli o meno organismi viventi. Se la scoperta che gli archaea non sono dei batteri, come invece sembrava in precedenza, vi sembra un dettaglio, allora vi sfugge non soltanto il valore scientifico della scoperta, ma anche e soprattutto il significato simbolico, e con i significati simbolici è bene non scherzare troppo perché sono onnipotenti. Quello che è avvenuto rappresenta una seconda vita della teoria evoluzionistica, tuttora in corso, nella quale si sono date risposte a domande che prima aleggiavano minacciose e si sono poste nuove domande, si sono scoperti significati del termine evoluzione e dei meccanismi evoluzionistici non immaginati in precedenza e impossibili da concepire con il solo studio anatomico, tassonomico e l’analisi dei fossili. Era necessario scendere al livello delle cellule e ancora più a fondo, nel loro interno, per fare scoperte rivoluzionarie. È questa la storia che racconta Quammen seguendo molti dei protagonisti, persone che spesso hanno avuto vite tormentate, in qualche caso pure riprovevoli, e le cui intuizioni hanno talvolta ricevuto un’accoglienza ostile da parte della comunità scientifica e solo dopo molto tempo il merito è stato riconosciuto.
Quammen è magistrale nella capacitá di raccontare la storia della scienza portandola fuori dal gelo degli articoli scientifici e dando corpo e vita agli uomini e donne che l’hanno scritta. A differenza di altri divulgatori scientifici e storici della scienza, Yuval Noah Harari per citare uno che ha avuto parecchio successo, che scelgono il taglio popolare del racconto edificante di facile digestione, e il cui successo è pertanto almeno in parte frutto di una mistificazione di senso e realtà ai danni del pubblico, Quammen tende a non spettacolarizzare o a creare narrazioni epiche fatte di eroi e tragedie, un po’ forse lo fa in Spillover, qui molto meno, e anche per questo A tangled tree è un libro diverso dal precedente, più difficile da leggere, ma anche più profondo, più rigoroso, più ricco e complesso.
Per leggere questo libro bisogna immergersi in una narrazione storica e comprendere concetti difficili come filogenesi, simbiogenesi, endosimbiosi, trasferimento orizzontale di geni, esempi di variazioni fondamentali rispetto la teoria e i meccanismi evolutivi classici. Non è indispensabile essere microbiologi, ma neppure si può sorvolare su tutta la complessitá della materia per assaggiare solo il sapore dell’avventura della scienza in stile Piero Angela o Harari. Qui occorre concentrarsi e scontrarsi con cose che non si conoscono e cercare di comprenderne quel che basta per disegnare la storia, capire come la scienza procede, come da immaginare un albero si debba passare a immaginare una forma che non ha veramente nè un nome nè un archetipo, ma che sia il riflesso dell’immensità della teoria evoluzionistica, una vastità che non è inferiore allo studio delle galassie.
La storia della vita è come la storia del tempo, è impensabile immaginare di comprendere tutto, ma quello che c’è da comprendere va oltre ogni immaginazione.
Note:
– L’albero intricato è previsto in uscita per il 28 maggio, io ho letto l’edizione inglese, mesi fa, al tempo dell’ingenuità, ignaro di tutto: di Adelphi, di Houellebecq, della vergogna lombarda, e di Quammen intervistato come manco fosse un virologo da talk show.
– Nature ha una recensione di A tangled tree.
– Ci sono altri testi altrettanto belli di questo, quasi tutti non tradotti in italiano, alcuni anche più impegnativi, pur rimanendo nella saggistica non accademica. Ne voglio citare uno, di Philip Ball, autore anche più solido scientificamente di David Quammen ma altrettanto bravo nella narrazione. Il libro si intitola How to grow a human: adventures in who we are and how we are made. È il resoconto delle scoperte scientifiche ponendosi al livello delle cellule, una prospettiva meno visitata rispetto alle spettacolarizzazioni delle tecniche di manipolazione genetica e analisi di DNA. È un libro difficile ma di grande pregio, pretende fatica.
Condivido l’opinione che Houellebecq non vada tenuto sul comodino. La ringrazio per questa recensione che mi ha fatto scoprire un bellissimo libro (devo ringraziarla anche per la recensione di Imperi dell’Indo: apprezzo molto i suoi gusti in fatto di saggistica). Vorrei anche darle un po’ di speranza: sono una studentessa di Farmacia e nel corso di microbiologia vengono trattate tutte le scoperte esposte nel libro di Quammen, in diversi corsi inoltre si parla della teoria dell’endosimbiosi di Margulis. Certo è che non si discutono le implicazioni di queste scoperte per la teoria darwiniana, ma sono temi così affascinanti che credo invitino facilmente alla speculazione.
Che meraviglia di corso di microbiologia. Peccato che non si riesca ad allargare l’analisi anche a una prospettiva storica sull’evoluzionismo e la sua attualità, con tutte le correzioni che ha avuto nel tempo, troppo poco conosciute. Se le interessa, ma forse già lo conosce, c’è un altro libro che a me è particolarmente piaciuto ed è “How to grow a human” di Philip Ball, che è scrittore scientifico divulgativo tra i migliori, nonché a lungo editor di Nature. Purtroppo non c’è l’edizione italiana. Parla sempre di evoluzione e microbiologia focalizzandosi sul livello cellulare, quindi con poche discese nella genetica. Da profano l’ho trovato affascinante, molto più scientifico di Quammen che invece ha sempre il lato avventuroso della storia.
Lo tolgo subito, ringraziandola del consiglio. Lo tengo in attesa da anni. e forse lì rimarrà.
Di Jared Diamond cosa mi dice?
Di Jared Diamond “Armi, Acciaio e Malattie” ha avuto giustamente molto successo, è un ottimo saggio divulgativo, scritto in modo appassionante.
Un libro in stile documentario della BBC. Il primo, “Il terzo scimpanzé” a me piacque anche di piü, ma ho una speciale predilezione per il tema. Da allora però su evoluzione umana ne sono usciti diversi di ottimi saggi, quindi forse non è più aggiornato. Però Diamond è bravo, è un paleoantropologo.
Poi ha iniziato a cambiare tema e stile, da antropologo e naturalista si è spostato sulla storia delle nazioni e delle società. “Collasso” ricordo che ancora mi sembrò interessante, l’ultimo invece, “Crisi”, non l’ho nemmeno finito, la storia politica non è il suo mestiere e non ha gli strumenti per maneggiarla, è un libro superficiale, non vale niente.
Intendevo la mia stima delle sue opinioni letterarie e soprattutto scientifiche.
Ah. Le mie opinioni letterarie valgono meno di quelle scientifiche?
Anche Cornelio Nepote lo dice. A dire il vero lui dice che qualunque mia opinione non vale niente.
Come quelle di chiunque altro, per altro, a sentir lui.
È una persona detestabile Nepote, tanto quanto Houellebecq, glielo garantisco.
Ho un particolare interesse per le sue opinioni letterarie, che non oso discutere. Sono solo una lettrice “di pancia”., e istintivamente ho scelto lei come mentore. Qualche nozione di biologia ivece ce l’ho e mi sono sorpresa delle sue competenze. Ecco tutto.
Lei è biologa? Che meraviglia, io sono affascinato dalla biologia, in particolare da tutto quello che riguarda l’evoluzione, e ancora di più dai dinosauri che non mi stancherei mai di guardare. Per questo leggo tutto quanto di divulgativo di buon livello riesco a trovare.
Leggo la sua recensione proprio dopo essermi imbattuta nel rizoma deleuziano.
Da come riferisce di questo saggio, cresce la mia stima. Ho letto Spillover, mentre ero alle prese con Feinmann.
Sul comodino Houellebecq.
Houellebecq sul comodino secondo me provoca disturbi del sonno. Emana negatività.