«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL TEMPO E L’ACQUA
Andri Snær Magnason
Traduzione di Silvia Cosimini
Iperborea 2020
Nel mondo naturale, tra le molte esistenze in via di estinzione per mano nostra, la scomparsa progressiva e ormai inarrestabile dei ghiacciai andrebbe ricordata sempre, ogni giorno, ossessivamente, più della crisi economica, più del virus, più dei dibattiti tra candidati o dei contest televisivi. Più di tutto dovremmo avere fisso in mente l’immagine di quei colossali ecosistemi morenti, dai quali un’infinità di vite, incluso le nostre, dipende.
Ma non è così, purtroppo, e non lo sarà fino a quando le conseguenze non diventeranno drammatiche anche per noi in prima persona, gente abituata alle comodità, alla cultura, al buon gusto, ai diritti umani e al libero arbitrio.
Noi, è brutto dirlo ma ormai credo sia inequivocabile, siamo intossicati e obnubilati da decenni di discorsi comodi, colti, di buon gusto, tutti a ripetersi le stesse frasi sui diritti umani e il nostro supremo libero arbitrio che ci autodefinisce, come patente identitaria. Intossicati e obnubilati dall’idea, fattasi sempre più vaga e distorta, di libera stampa, di democrazia, di informazione, di cultura e di autoaffermazione personale.
Gli intellettuali, quelli visibili, non fanno altro che esibirsi continuamente su un qualche palcoscenico, le televisioni, i giornali, online, senza avere però la dignità artistica del teatrante, ma con solo l’ottusa vanità dell’inutile. Parlano a vanvera, pontificano su cose a loro ignote, chiacchierano petulanti come bigotti in chiesa, indottrinano gruppuscoli di fan chiassosi, dialogano scambiandosi banalitá e ostentando pure sommo compiacimento, si infervorano per battagliette di retroguardia sulla proporzione di peni e vagine invitati in comitati di ultimo ordine, organizzano festival sull’erotismo radunando come esperti branchi di sessantenni incarogniti, si azzuffano nella gara all’ego narcisista che dovrà primeggiare in una certa polemichetta. E così via, procedendo spediti lungo il viale dell’irrilevanza.
Dei politici inutile parlarne. Degli industriali, dei finanzieri, dei capitani d’industria, cavalieri senza cavalleria, ancor più inutile parlarne. Sui professori in genere, prolissi accademici rapaci solo nell’accaparrarsi posizioni di privilegio, cosa si può ancora dire? Rimangono solo sparute e isolate eccezioni in ogni gruppo umano o categoria professionale.
Nel frattempo, i ghiacciai muoiono, la natura muore, la Terra muore, con un grido di dolore che pochi ascoltano, e tra questi pochissimi ascoltano senza cercare di appropriarsene.
I libri come Il tempo e l’acqua sono al contempo indispensabili e inutili. Indispensabile e inutile, come ogni sforzo per salvare la Terra dalla condanna che le abbiamo inflitto. Indispensabile e inutile come ogni sogno di quest’epoca, forse in un’altra in futuro, potranno dire che sognare non è inutile, ma ora bisogna secondo me ammettere che ogni sogno ha tutte le fattezze tipiche dell’illusione. Indispensabile e inutile come cercare una soluzione, una via d’uscita, un riparo dalla temperie che si fa di giorno in giorno più cattiva. Indispensabile e inutile come fidarsi delle persone, di alcune persone, ascoltare le persone, leggere quanto si può, riflettere quanto possibile, talvolta parlare, ma solo di rado e brevemente.
Andri Snær Magnason è bravissimo divulgatore. Fa tutto quanto in suo potere e per metà ha successo, ma per l’altra metà fallisce. Come tutti gli altri bravissimi divulgatori, Attenborough per primo. Bravissimi a descrivere la meraviglia del mondo naturale e acuti, implacabili osservatori del gigantesco disastro ambientale che aumenta vertiginosamente di dimensioni ed effetti. Ma immancabilmente poco convincenti quando si tratta di tracciare una via d’uscita. Tutti partono dal presupposto che si debba necessariamente suonare ottimisti, per cui la situazione è drammatica ma possiamo venirne a capo. Anzi, sarebbe pure facile venirne a capo, se solo ci si organizzasse. Basterebbe tagliare questo, eliminare quest’altro, rimpiazzare quell’altro ancora e il processo perverso si invertirebbe diventando in poco tempo virtuoso.
È vero. È tutto vero. Ma anche tutto implausibile.
Quante tragedie umane, eventi catastrofici, stragi e genocidi, devastazioni ambientali si sarebbero potute evitare facilmente? Per quante sarebbe bastato solo qualche accordo, un poco di buon senso, una certa ragionevolezza e aver ponderato meglio le conseguenze che evidentemente ci sarebbero state? Dimmi, per quante?
Per tutte.
Per tutte.
Questo vuol dire che mai si è stati in grado di evitare queste circostanze catastrofiche? Ma certo che no. Molte, probabilmente moltissime, sono state evitate proprio in quel modo. Solo che con le circostanze catastrofiche non si vince o si perde come in una partita di calcio dove vince chi fa un goal più dell’avversario. Con le circostanze catastrofiche i gol subiti sono quelli che contano. Non importa quante guerre mondiali sono state evitate. Ce ne sono state due e hanno prodotto milioni di morti. Non importa quanta devastazione ambientale è stata evitata finora, conta quella provocata che ha reso morenti i ghiacciai, la natura e la Terra.
Allora, è vero che sarebbe possibile trovare una via d’uscita. Basterebbe immediatamente eliminare l’uso di combustibili fossili, ridurre al minimo gli allevamenti, fermare la deforestazione, bloccare le emissioni industriali inquinanti, restituire terra alla Terra, fermare l’incremento demografico.
Basterebbe che tutti, o almeno molti, volessero salvare la Terra come imperativo esistenziale, come misura emergenziale un milione di volte più impellente delle indispensabili mascherine e degli inevitabili lockdown per il Covid, un miliardo di volte più indispensabile di qualunque impresa industriale o innovazione tecnologica o investimento finanziario. Basterebbe che tutti i genitori fossero i primi e i più accaniti nel voler salvare i ghiacciai, i mari, le foreste, la Terra, subito, senza scuse, senza compromessi, per amore dei loro figli. Ma non avviene.
Non accadrà niente di tutto questo.
Ricordo molti anni fa quando si discuteva di progresso e di innovazioni e di tecnologia. Le potenzialità erano enormi, le possibilità sembravano infinite. Eppure già allora nelle discussioni sorgeva non raramente il dubbio che dove ci avrebbe condotto quanto si osservava sarebbe stata una destinazione imprevedibile. Non era raro domandarsi se quanto vedevamo era la nascita di un mondo migliore o l’inizio della catastrofe. Solo quelli in malafede e gli sciocchi non hanno mai nutrito questo dubbio, fin dall’inizio. Tutto questo lo dico con il cuore spezzato e con un sentimento di ineluttabilità.
Indispensabile e inutile.
Credo sia questa la sintesi più onesta de Il tempo e l’acqua, come di tutti quelli che provano a evitare l’inevitabile, a vivere quest’epoca, a darsi una ragione.
P.S.: periodicamente cerco di capire chi in Italia sia attivo e cerchi di fare qualcosa, per quanto indispensabile e inutile sia. Ebbene, la scena mi sembra particolarmente sconfortante. Ci sono miriadi di micro-iniziative locali, senz’altro meritevoli ma, mi pare, praticamente nessuna iniziativa di più ampio respiro che si integri con reti e iniziative internazionali. Istituzioni storiche come Lega Ambiente e la sezione italiana del WWF hanno ampiamente dimostrato i loro limiti. Esiste la sezione italiana di Greenpeace, anch’essa però ha decisamente perso smalto. Esistono organizzazioni apparentemente collegate con reti internazionali attive nel contrasto ai cambiamenti climatici, per le quali però non scommetterei un euro sulla loro moralità e onestà. Poi basta, in Italia non ho trovato niente, se non la solita iperframmentazione localistica.