«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
GENTE NEL TEMPO
Massimo Bontempelli
Utopia 2020
Ottima operazione di recupero dall’oblio di questo titolo di piacevole leggerezza e per questo piacevolissimo da leggere. A parte le cretinaggini con accenti e assonanze, Gente nel tempo è il tipico libro, non così facile da trovare, di quando si cerca qualcosa che intrattenga con il buon gusto del raccontare una storia intrigante, senza incupire con pesantezze e senza pavoneggiamenti di sicura noia.
Si dice che con questo titolo si inaugurò la via italiana al realismo magico… bah sarà anche così, ma a meno che tu non sia fissata con le categorie letterarie, saperlo o non saperlo non fa alcuna differenza, anzi, quasi meglio non saperlo così ti eviti la malsana tentazione di discutere di categorie letterarie.
Bontempelli imbastisce una storia architettata con fine maestria che si snoda senza strappi, senza diventare mai banale o troppo prevedibile, ma neppure senza scivolare su fantasticherie grottesche che quasi sempre nascondono il fatto che la storia aveva imboccato un vicolo cieco e l’autore non sapeva come cavarsela.
Qui non succede, i pezzi si incastrano senza sforzo e non si svelano facilmente.
Ora penserai che io stia descrivendo un romanzo a chiave, un poliziesco o un giallo. Non è nessuno dei tre casi, è una storia con una nota di suspence che mantiene la tensione narrativa tesa sul filo di una sentenza in attesa di applicazione. Ha una radice nella letteratura gotica che usa misteri esoterici come forza propulsiva della ruota degli eventi, ma senza indulgere troppo nel congegno alchemico. Lo sguardo del narratore è invece rivolto al crogiolo esistenziale di personaggi posti loro malgrado sotto la mannaia di un destino inspiegabile ma apparentemente implacabile. “Apparentemente” è avverbio decisivo per questo libro, alla faccia di chi vuol male agli avverbi, preferendo vivere vite di insipido minimalismo brutalista al tuffarsi roteando nella fontana di frutta candita.
Essendo letteratura italiana, potresti essere nuovamente tentata, questa volta dal domandare se ci sia un sottotesto. Gli scrittori italiani raramente riescono a trattenersi dall’infilare sottotesti a destra e a manca. Il paesello, la politica, la famiglia, l’amore, la patria, il presente, il passato, il futuro e chi più ne ha di sottotesti più ne infili di qua e di là.
Bontempelli non infila nessun sottotesto.
Ho davvero molto apprezzato Gente nel tempo di Bontempelli, quanto apprezzai molto tempo fa Italo Alighiero Chiusano e il suo L’ordalia.
Lo regalerò. Anzi forse addirittura la regalerò, intendo proprio la mia copia, perché c’è una differenza tra regalare una copia e regalare la propria copia, non sono equivalenti, sai? No, non intendo solo per chi la regala… ce l’ho, non ce l’ho più… che banalità! Mi meraviglio di te che hai pensato una banalità del genere. Ma no, non sono equivalenti per chi riceve il libro, perché nella mia copia rimane attaccato tra le pagine il mio sguardo, come un velo leggerissimo fatto di impronte digitali invisibili, mentre in quella comprata nuova non c’è nulla, la superficie della carta è quella di tipografia, e questo fa la differenza quando poi lo si legge. Non è uguale. Non ci credi? Va bene, puoi non crederci, ma questo non cambia nulla. Lo dico io che non è uguale.
No, è proprio diverso. Hai ragione tu. Infatti, sono in pochi a regalare la loro copia. Un pensiero troppo intimo. Troppa paura di scoprirsi, di far vedere quelle impronte, quello sguardo…
Buone letture.