«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
LE BRIGATE
Ariel Luppino
Traduzione di Francesco Verde
Arcoiris 2020
La voce narrante non ha nome, ma si qualifica come anti-saeriano. Lo rivendica perfino. Ne fa il proprio vessillo, lo innalza con orgoglio. Io sono anti-saeriano, annuncia.
Ma quasi nessuno sa cosa voglia dire, chi lo sa è pregato di tacere come un salmone in una vasca da bagno.
Juan José Saer è grande scrittore argentino riscoperto in tempi recenti in Italia. Unanimemente riconosciuto come grande scrittore argentino.
Non fosse altro che per questo, la voce narrante di Ariel Luppino ha qualcosa da dire.
E noi, care amiche e cari amici, volentieri ci accomodiamo per ascoltarla.
Inizia in prigione. C’è il Milite, c’è il Capitano, ci sono gli spellatopi e la topolina. Sono i centri di detenzione argentini, i luoghi dei massacri, degli stupri, delle torture, con i sadici vincitori e gli sconfitti sbudellati. Parla della dittatura, è una storia sulla dittatura argentina.
La voce non muore, d’altronde non potrebbe. Fa il segretario del Milite, prende nota, redige, appunta. La contabilità della violenza. È la storia dei sommersi e i salvati.
La voce passa a lavorare in un allevamento di polli, poi ancora il Milite. Non muore. Succede qualcosa, nella storia, ma prima fuori dalla storia, nelle pagine, nell’inchiostro, nello sguardo che scivola sulle parole. Il piano narrativo scivola, ecco cosa succede. Si squaglia per meglio dire.
Si cambia, compare un supermercato Carrefour, un incubo iniziato un’anno prima. I piani si confondono. Chi parla? Quando parla? Chi siete voi?
Compare una donna, vuole scopare, la voce no, magari a tre con un’amica? La voce no.
Improvviso cade come frammento di meteorite un riferimento a Glossa, libro di Saer, è il primo di molti riferimenti che si ripeteranno. A che scopo? Che scopo ha un frammento di meteorite caduto su tettuccio della vostra auto? Non succede mai. Ma qualche frammento di meteorite che cade in un campo e nessuno se ne accorge forse succede. Chi lo sa. Che senso ha?
Saer. È un protagonista? Perché la voce ne parla?
Il Milite dov’è?
La donna vuole che la voce le infili un piede nella vagina. Non glielo infila. Ma che vuole questa donna? È una che stava nella prigione? Dorme. La voce le legge Onetti, Fogwill e Laiseca. Niente di peggio per addormentarsi, se proprio vogliamo dirlo, ma non sembra importante.
Il fatto è che non so più dove sono. Mi sono perso. Sono arrivato da… hmm… c’era una prigione argentina e il sangue… ora… no. La voce ha fatto un trucco, mi guardo attorno sospettoso, qualcosa è finto, adesso o prima o tutti e due… Questa voce è cambiata… sono due voci? O prima fingeva?
Ricompare il Capitano. Il Capitano è un rivoluzionario. Quindi è tutto collegato? La prigione, la donna vogliosa, gli spellatopi, il supermercato Carrefour, il Milite, la voce? La voce è di sicuro il collegamento, ma non riesco a vedere dove inizia, dove finisce, dove continua.
Ritorna anche il Milite e il carcere. Siamo tornati indietro oppure siamo balzati in avanti, in ogni caso ora è certo che dipende tutto dalla voce anti-saeriana. Saer compare sempre più spesso, portatore di sventure, maleficio. Chissà perché però (tre parole accentate di seguito, “saeriano” avrebbe detto la voce).
Adesso è di nuovo la storia del Milite, ma non più quella del carcere, ma quella dell’impero di latta del Milite, la voce è un lacchè, un servo, un verme anzi, il verme del Milite. Alla fine è solo sfascio. Si piange la morte degli altri per piangere la propria che sarà.
La verità è una forma di finzione.
Certo, chiaro, claro.
Gran esordio di Ariel Luppino, ficcante, manipolatorio, da maestro di cerimonie e di commedia,
Ottima traduzione di Francesco Verde, scintillante postfazione di Federica Arnoldi, e super Arcoiris Edizioni.