2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

A Venezia – Graziano Graziani

A VENEZIA – Da Brodsky a Bolaño
Graziano Graziani
Giulio Perrone Editore 2021

Ci sono libri per tutti i gusti, per tutte le tasche, per tutte le teste. Libri per gli esigenti e per i distratti, per chi vuole ridere e molti per tutto il resto. Ci sono libri per uomini e per donne, perfino per uomini brutti e donne belle o viceversa, anche se i destinatari di questi libri spesso non sono d’accordo sul fatto di esserne i destinatari; come anche con i libri per adolescenti, raramente qualcuno ha chiesto il parere dei presunti lettori adolescenti, anche solo per sapere cosa ne pensano dell’idea di finire in una categoria libraria. Esistono poi i libri fatti apposta per i premi, quelli per le polemiche, quelli che vorrebbero fare stare meglio di salute o diventare ricchi e, a detta di alcuni, esistono perfino libri che a leggerli si diventa persone migliori, anche se non è chiaro in cosa si dovrebbe migliorare, a meno che non si intenda che si migliora nella lettura di libri, il che però diventa un ragionamento tautologico in modo come minimo sconveniente.

Di certo esistono libri per l’espositore del supermercato e quelli per la bancarella dell’usato. Tutti sanno che esistono libri da spiaggia, di solito chiamati “letture sotto l’ombrellone”, esistono però anche i libri da montagna, da campagna, da treno, da attesa in aeroporto, i libri da traghetto sono simili a quelli da treno, ma non così i libri da metropolitana. Non so se esistano libri da bicicletta, ma immagino di sì. Esistono anche libri il cui scopo principale è di essere complementi di arredo, di solito ordinatissimamente allineati in massicce librerie dall’aria austera e moribonda, una specie di museo delle cere dei libri, tanto per dire. Però c’è chi apprezza il genere. 

A ben vedere, esiste un libro per chiunque e potremo passare ore e ore e ore a elencare tutti i casi e sottocasi e protocasi in varia misura reali o immaginari.  

Il punto è che un libro ha un destino segnato, anzi potremo dire che un libro è per sua natura un predestinato. Eppure quando ne prendiamo in mano uno spesso non ci si pensa. Un libro è un libro e chiunque potrà leggerlo se soltanto lo vorrà. Tanto più se un libro è appena uscito, “il tuo limite è il cielo” a volte si dice per incoraggiare.
Invece no. 
Il tuo limite non è praticamente mai il cielo.
Quando lo si crede è solo perché il limite non lo si conosce, ma questo naturalmente non vuol dire che non ci sia un limite ben più modesto del cielo.
Anche per i libri il limite non è il cielo.
Si capisce qual è il limite di un libro anche solo guardando la copertina.
Dici che non è così? Una frase a effetto per fare della sceneggiata?

No no, dico sul serio, la copertina dice già qual è lo spazio nel quale il libro si muoverà, vivrà e morirà. Magari non lo dice proprio completamente al 100%, ma comunque lo fa con buonissima approssimazione, diciamo all’80%, forse pure di più. Ne sono certo, è così.

Guarda la copertina di questo A Venezia, di Graziano Graziani. Devi guardarla bene però.
Sarebbe meglio che tu la guardassi dal vivo, perché ci sono dettagli che sfuggono con l’immagine. Infatti è una copertina con un incarnato, un corpo, una copertina tattile. Per questo sarebbe meglio vederla dal vivo. 
Ti dice per caso che il limite è il cielo?
Direi proprio di no.
Anzi. Tutto il contrario.
Ti dice che è ben contenta che il limite non sia il cielo, ma uno spazio molto diverso, uno spazio liquido, di immagine riflesse, uno spazio piccolo, vicino alla terra, vicino ai muri, uno spazio pieno di odori e  suoni che rimbalzano in echi tra pareti. 
Queste cose, e anche altre, te le dice la copertina, lei da sola, la semplice esistenza della copertina, se la prendi in mano è meglio, ma già l’ho detto.

Vedi il simbolo sulla copertina? Non ti dico che simbolo è, non importa saperlo quando guardi questa copertina. C’è un occhio. Ti senti osservata? La copertina ti guarda? No? Perché non potrebbe essere che ti guarda? È carta, la carta non guarda. Certo, ma una copertina allo stesso modo non dovrebbe parlare, e invece parla. Tutte le copertine parlano. Perché non potrebbe anche guardare?
Io non ho una risposta, sia chiaro, guarda, non guarda, parla, non parla. Per me parla, di questo sono certo.

Poi dice “A Venezia”. Cosa vuol dire “A”? Queste sono le domande che più mi piacciono. Il massimo è farle mentre si beve del vino in un’osteria. Cosa vuol dire “A”? 
A me. A te. A Venezia. A Roma. A casa mia. A dormire.
“A” non ha nessuna importanza, come ogni miglior discorso da osteria.

Venezia conta e Venezia, tra le molte cose, è anche la proiezione della propria coscienza, spesso sporca, falsa, ipocrita, avida. Ma talvolta innocente, talvolta bisognosa di quello che solo a Venezia esiste e forse in qualche coscienza di estranei, incrociati un attimo, un giorno qualunque, estranei e giorni tutti identici uno all’altro.

Venezia conta. Venezia è lo spazio nel quale questo libro esiste, vive e muore. Non il cielo, nemmeno lo scaffale di supermercato o i premi o l’ombrellone. Solo Venezia, in Venezia, dentro Venezia, a Venezia, la tua Venezia però, non quella reale. Il suo spazio è la tua Venezia, se questo spazio ce l’hai, non è obbligatorio, forse tu hai lo spazio della tua Milano o della tua Berlino o chissà. Va bene, non sei migliore o peggiore per questo. Solo che non sono lo spazio della tua Venezia. 

Perché in fondo, questo A Venezia che ha scritto Graziano Graziani, e a questo punto vorrei poter dire questa meravigliosa piccola gemma che ha scritto Graziano Graziani senza sentirmi un ipocrita, è un libro per amanti solitari, un libro solipsistico per provare uno struggimento che inevitabilmente prende le tinte della malinconia e dell’erotismo e per regalarsi un piacere sottile e incantatore, una iniezione di un liquido tiepido e profumato di spezie che senti entrare in circolo con il procedere della lettura, la sensazione di calore e piacere che si spande dal braccio alla spalla, risale il collo, scivola nel petto, inebria i pensieri, fa fremere le viscere, riempie i polmoni e scalda il sesso. 

Si dice spesso, Venezia è la città degli amanti, ed è vero. Si dimentica però di dire, ma di certo non si dimentica di pensare, che l’amante che viene prima di ogni altra, quella che più di tutte si conficca tra le costole come una freccia di ossidiana, quella che afferra un grumo di gangli cerebrali e non li lascerà più, quell’amante è Venezia stessa.

Piccoli libri bellissimi che scivolano silenziosi tra le calle, nell’elemento liquido, mandando riflessi di una bellezza arcana, muta, inclemente. E si ascolta quello che hanno da dire, e si ascolta come ci guardano, e si ascoltano gli echi che producono, il calore che emanano, il piacere che diffondono. 

Né ciaro né scuro
se intorcola el zorno
in s’cenze de duro tasér
Sfesà xe restà el zorno
co, verte le buse
e spacai i sigilli,
saltai suzo xe i morti
ciapando paura dei vivi,
del so poco saver.

A ‘ession de storia, Francesco Giusti.

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