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«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Dio, la matematica, la follia – Fouad Laroui

DIO, LA MATEMATICA, LA FOLLIA 
Fouad Laroui 
Traduzione di Cristina Vezzaro e Luigi Civalleri
Del Vecchio 2021

Commento di Cornelio Nepote

Ammirevolissime pavonesse dagli iperbolici profili e profumi di Babilonia,

questo è uno di quei libri con un titolo azzeccato, così azzeccato che uno si ferma a rimuginare a lungo sul titolo, sfiancandosi nei rimuginamenti, tanto che quando finisce di rimuginare sul titolo rischia che gli sembri di aver già letto tutto quanto era necessario leggere.

Eh già perché uno la fa facile – Dio, la matematica, la follia – Zac! il titolo è servito e con quello ti faccio sbocconcellare un po’ di tutto, un po’ come quei ristoranti che fanno il menù di assaggi. Dio, la matematica, la follia, “figata!” avranno pensato, io lo avrei pensato, anzi io avrei pensato “figata pazzesca!”, Dio, la matematica, la follia, porca miseria, c’è da rimuginare mica poco su questo trio di pistoleri.

Perchè, io penso, ma l’ordine… l’ordine vorrà senz’altro significare qualcosa, no?

Dio, la matematica, la follia

è ben diverso da

La matematica, Dio, la follia

o anche da

La follia, Dio, la matematica

Sono tutti molto diversi. Manca un “e” ed è un po’ strano. Manca anche nel titolo originale che è uguale a quello italiano, Dieu, la mathématique, la folie.

Dio, la matematica e la follia. Se siete anglofoni potete mettere la Oxford virgola. Già è diverso con o senza “e”. Ancora di più se mettessimo i due punti.

Dio: la matematica e la follia

La matematica: Dio e la follia

La follia: Dio e la matematica

Vedete? Quando dicevo che c’è da rimuginare sul serio su questo titolo non lo dicevo per scherzare. C’è da perdere la sanità mentale se uno si fa prendere dalla fissazione. Come minimo uno ne esce esausto che gli sembra di averne letti dieci di libri.

Prendere dio, la matematica e la follia e mescolarli insieme in un titolo è psichedelico, stroboscopico, dovrebbero mettere l’avvertimento che mettono nei film sulle luci stroboscopiche che a qualcuno possono dare alla testa e si capovolta dalla sedia con le convulsioni. Qui uguale, se ci si mette a pensare a tutti i significati e implicazioni e deduzioni e piani semantici che possono scaturire da dio, la matematica e la follia, si finisce lunghi distesi sotto al divano.

Ma quindi che fare?
Come procedere con un titolo così?
Si fa finta di niente e si procede a leggere come se niente fosse, come se avessero messo un titolo fesso come sarebbe stato ad esempio: Il divino matematico e la matematica della follia? Mi vengono in mente alcuni editori che l’avrebbero messo un titolo così.
Oppure si affronta il baratro che il trio di pistoleri preannuncia e ci si fa trafiggere come conigli in fuga?
Che altro?

A questo punto vi devo confessare che rimuginare su questo titolo mi fa venire in mente un’espressione che pare abbia preso piede, anzi mi vengono in mente quelli che usano quella certa espressione. L’espressione è “abbiamo un progetto di vita”.
Avete presente?
Ai giornali piace moltissimo intervistare coppie che dicono “abbiamo un progetto di vita” o anche persone singole che dichiarano di avere un loro “progetto di vita”.

Io quando mi capita di vedere scritta questa espressione mi soffermo e se c’è la foto li guardo con grande attenzione sperando di cogliere l’esatto istante in cui un dio guascone ha scritto nelle loro teste, con matematica precisione, la folle espressione “abbiamo un progetto di vita”. Mi pare un’espressione che meriterebbe di essere studiata dagli scienziati, per esempio dagli psicoantropologi, dai neurolinguisti, dai frenochirurghi.

Io la scriverei perfino su una di quelle placchette d’oro che mettono nei satelliti che mandano nello spazio a uso e beneficio degli alieni che un giorno troveranno la placchetta e leggendola capiranno qualcosa di noi.

“ABBIAMO UN PROGETTO DI VITA”, letto un giorno lontano da una commissione di pensosi saggi alieni incaricati di studiare le specie organiche della galassia e decidere quali evitare come la peste andromedea perché portano solo guai e non hanno niente di buono da offrire in cambio.

Cristo, Morselli perché te ne sei andato così presto, avevamo bisogno di te. Anche adesso ce lo abbiamo.

Torniamo a noi, bellezze andromedee.

Io lo so che voi, alla vista della parola “matematica” avete rabbrividito come a sentire unghiate sull’ardesia. Matematica, mon dieu, quel folie!
Suvvia scherzo, gli stereotipi sono fatti anche per riderci sopra, niente è meglio degli stereotipi. Quindi, ma è ovvio che nessun ciglio batta a leggere la parola “matematica”, mica siamo gente antiquata qui.
Tanto meno a leggere “follia”. Forse a leggere “DIO”, in maiuscolo grassetto, qualcuna ha fatto un balzo indietro come quando un cagnaccio improvvisamente ti abbaia contro.

DIO! DIO! DIO! DIO!… ma vattènne cacciuttiéllo!

Però, come col cagnaccio, appena si vede che è legato ci si riassetta e tutto torna alla normalità. Ormai è così anche con DIO. Una sbuzzica un po’ gli occhi poi si riassetta e pensa Ah sei tu, Dio, ma che bisogno avevi di abbaiare così? Per farti notare, eh? Come al solito.

Quindi, se non fate come me che ho rimuginato tutte le combinazioni possibili dei tre pistoleri e passate oltre al cerbero che abbaia dal titolo, il libro è piacevole e di umore allegro.

Laroui si diverte a romanzare, anzi diciamo meglio a sceneggiare, le vite di qualche matematico famoso rendendole in forma di commedia leggera. Sono personaggi tanto pittoreschi nei modi quanto di iperbolica genialità nel manipolare le astrazioni matematiche più spinte.
Incarnano esattamente lo stereotipo del matematico pazzo, ma fa bene leggere di queste menti tanto estreme da non poter essere contenute in nessuna vita borghese o, in alcuni casi, nemmeno civile, perché si dà forma allo stereotipo, lo si confeziona in fogge diverse, nasce un’intera banda di stereotipi, ognuno diverso dagli altri, ma tutti simili a tutti.

Questo è il lato divertente di questo libro. Laroui disegna dei clown, che nella tradizione circense sono i personaggi più paradossali e poliedrici, pur giocando costantemente nei confini dello stereotipo.

Naturalmente qualcuno potrà ben dire che queste non sono biografie serie e che a forza di voler alleggerire il tono si finisce per ridicolizzare grandi persone, talvolta con storie drammatiche.
Vero. L’importante è non prendere le vignette di Laroui per biografie ma per piccoli ritratti divertenti che giocano con lo stereotipo e disinnescano con l’ironia i tre pistoleri, Dio, la matematica, la follia.

Tre pistoleri che, si badi, non scompaiono mai per quanto vi possiate sforzare. Quelli rimangono sempre ben presenti, chiusi in un ciclo spaziotemporale irrisolvibile. C’è la ricerca del divino nella matematica e la matematica è forma di dio, mentre la follia permea dio e la matematica, è destino inevitabile del distacco dalle cose terrene e dal corpo, è essa stesso dio e matematica.

Alla fine, a forza di rimuginare, e rimuginare, di cambiare di posto, di aggiungere e togliere punteggiatura e particelle, di cercare un ordine che sia più ordinato degli altri ordini, tutto si confonde, si fonde, si amalgama e tra DIO, la matematica e la follia non c’è più soluzione di continuità, un concetto si fonde nell’altro, ognuno è anche gli altri due, multiforme, ectoplasmico, metafisico Ubu Re, ognuno è parte del tutto e ognuno racchiude il tutto, come i numeri reali, come DIO, come la follia, che silenziosi siedono in tutti, e rumorosamente esplodono in alcuni.

Cornelio Nepote

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Questa voce è stata pubblicata il 29 gennaio 2022 da in Autori, Del Vecchio, Editori, Laroui, Fouad con tag , , , , .

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