«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
IL GRANDE VIAGGIO IN SLITTA
Knud Rasmussen
Traduzione di Bruno Berni
Quodlibet 2011
AUA
Knud Rasmussen
A cura di Bruno Berni
Adelphi 2018
Commento di Cornelio Nepote
Brillolucenti anime dal cuore artico morbidamente avvolte in pelli di renna selvatica, lettrici dei tropici padani e della savana pontina, teoriche dell’eros del puntoevirgola, sono tornato dal viaggio in barca nelle acque stigie con i compagni di bisca e con spirito rinfrancato ho gettato nell’immondizia le molte piante disseccate del mio lastrico solare,
qui stanno fianco a fianco due libri che in realtà sono uno, cioè non sono proprio uno, sono due e non sono uguali, ma nemmeno diversi, per come si intende di solito il termine diverso, per meglio dire, uno dei due è uno, mentre l’altro è parte di uno, ma non proprio una parte esatta, diciamo che è in parte una parte, ma per lo più è una parte dell’uno.
Tipo Eva costola di Adamo, che si può dire essere una parte ma non proprio soltanto una parte però, una parte complementare forse si potrebbe dire. Forse non è un paragone azzeccato ora che ci penso, immagino che qualcuna possa non essere d’accordo sull’affermazione che Eva sia da considerare una parte di Adamo, ci sono delle ragioni in effetti per non essere d’accordo. Non è per niente un paragone azzeccato.
Provo con un altro. Un cocktail Martini, quello con l’oliva che quasi sempre sbagliano a fare, ti dicono Ecco qui un bel cocktail Martini ! e invece non è un cocktail Martini ma una cosa bastarda fatta a caso. Ma non ci perdiamo in inutili divagazioni, il punto era l’oliva. Vi arriva il cocktail e subito… zac!… mangiate l’oliva. Si può dire che l’oliva sia una parte del cocktail Martini? Direi di sì, questa volta mi sembra senza discussioni. Quindi quando mangiate l’oliva avete gustato una parte del cocktail Martini ma non avete bevuto il cocktail Martini per cui volendo potete fermarvi all’oliva e avete comunque gustato parte del cocktail Martini, oppure anche meglio fregare l’oliva a qualcuno che ha ordinato il cocktail Martini e in questo modo la gustate anche di più; oppure potete mangiare l’oliva e poi bevete il resto del cocktail Martini. Chiaro così?
Però aspettate perché c’è ancora qualcosa che non torna. L’oliva è una parte e basta, senza discussioni, non è “una parte ma non proprio una parte esatta” come invece è il caso di Aua rispetto a Il grande viaggio in slitta, l’oliva è senza alcun dubbio una parte esattissima del cocktail Martini perché senza oliva non è un cocktail Martini e da sola un’oliva è senz’altro un’oliva. Quindi anche questo paragone non riesce a spiegare bene come sta Aua rispetto a Il grande viaggio in slitta perché Aua ha qualcosa in più di una parte esatta, qualcosina in più se proprio vogliamo essere pignoli e usare una terminologia etimologicamente corretta.
Trovare paragoni calzanti è un’impresa complicata. Questo il motivo per cui quasi sempre i paragoni sono fatti alla boia d’un giuda, provate ad ascoltare qualcuno che cerca di spiegare con paragoni, meglio se uno che si dà delle arie di quello che sa fare paragoni favolosi, un politico o un giornalista ad esempio, il barone universitario è quello migliore se lo trovate. Ascoltate con attenzione i paragoni che usano e fermatevi a pensarci, sono sempre alla boia d’un giuda, sembrano azzeccati di primo acchito ma se ci si pensa sono approssimativi, paragoni sbilenchi, paragoni alla carlona, come i discorsi che fanno sempre quei personaggi che sono proprio per loro natura alla cazzo di cane, devono soltanto sembrare azzeccati ma senza fare la fatica di esserlo veramente, visto che mai si ascoltano e se lo fanno sentono sempre Cicerone che declama.
Ora mi sono incaponito e voglio trovare un paragone calzante per spiegare come sta Aua rispetto a Il grande viaggio in slitta. Vediamo… cosa si presta a essere un paragone calzante? Il sesso di sicuro però preferirei evitare l’argomento che poi mi dicono che ho fatto tutta una sceneggiata solo per finire a dire delle porcherie. Il cibo anche si presta bene… il caso del panino alla mortadella… ma ho già usato il cocktail Martini, sarebbe ripetitivo. La politica no, perché nella politica capita che si vorrebbe prendere solo la parte che sembra non troppo male e invece ti rifilano tutto l’uccello padulo, tipo gli elettori bolognesi che voteranno Civati ed eleggeranno Casini, quindi no, non c’entra niente con Aua rispetto a Il grande viaggio in slitta.
Porca miseria, ma è un’impresa impossibile!
Ricapitolo:
1) Deve essere una parte di un tutto.
2) Ma anche il tutto deve essere un tutto piacevole, un tutto che merita di essere preso tutto, non soltanto una parte.
3) Anche la parte però è piacevole, se bisogna scegliere tra niente o la parte, la parte è certamente preferibile.
4) Però la parte ha qualcosina in più di una semplice parte del tutto, un cadeau aggiunto apposta per imbellettare la parte cosicché uno poi dice Bé dai non è proprio solo una parte, è una parte con qualcosina in più, per cui se si prende il tutto si ha tutto ma non il cadeau aggiunto.
Il paragone deve avere tutte queste caratteristiche per essere calzante, se ne manca qualcuna allora è un paragone alla boia d’un giuda e non spiega bene come sta Aua rispetto a Il grande viaggio in slitta.
Mi è venuto in mente il paragone perfettamente calzante con tutti i punti prescritti, solo che è totalmente pornografico. Lasciamo perdere.
Quindi mi arrendo, niente paragone. Peccato, ci sarebbe stato bene, avrebbe fatto la differenza tra un commento scintillante e un commento grigiastro tristastro. Amen, pazienza, prendete il commento grigiastro che questo passa il convento.
Allora, l’autore è Knud Rasmussen per entrambi i libri, danese di Groenlandia che all’inizio del Novecento intraprese viaggi artici, il più importante dei quali fu una spedizione durata tre anni (1921-1924). Partita dalla Groenlandia, raggiunse la Baia di Baffin in Canada poi risalendo a nord verso l’Artico attraversò tutto il Canada fino a raggiungere l’Alaska, superare lo Stretto di Bering e toccare l’Artico siberiano. Lo scopo era conoscere e documentare usi, costumi, modi di vita e di sostentamento, riti e leggende di tutte le comunità Inuit, sia quelle delle coste sia quelle dell’interno, isolate o inserite in commerci.
Un’impresa straordinaria e ineguagliata descritta in un racconto di viaggio favoloso attraverso un mondo completamente alieno e sconosciuto nel quale la vita, la sopravvivenza, la famiglia, le relazioni sociali, il divino e il terreno si fondono tutti in un nodo stretto da un ambiente inclemente, durissimo, nel quale c’è un confine labile tra morire di fame e stenti e passare giornate felici in giochi che coinvolgono tutta la comunità. Un ambiente terribile ma di una bellezza che va oltre la capacità di immaginazione di chiunque non l’abbia vissuto, un contrasto che diventa metafisico, soprannaturale, magico, divino.
Questo è il racconto de Il grande viaggio in slitta, pubblicato nel 2011 da Quodlibet in prima traduzione italiana, una riduzione dell’ampia opera originale di Rasmussen.
Con Aua nel 2018 Adelphi compie un’operazione editoriale che può essere giudicata a piacere estrapolando una piccola parte del grande racconto di Rasmussen, quella che vede come protagonista lo sciamano Aua. È un bel personaggio Aua e la parte che Adelphi pubblica racconta vicende belle, che fanno sorridere. Il testo di Adelphi non è esattamente coincidente alla versione di Quodlibet, nonostante il curatore Bruno Berni sia lo stesso che firma la traduzione del 2011, ma le differenze non sono sostanziali. Quello che c’è in più nel volumetto di Adelphi è una bella documentazione fotografica, assente invece nel volume di Quodlibet. Quello che si perde è il senso del viaggio, l’epica del viaggio attraverso la terra più inospitale, il procedere di Rasmussen e i suoi compagni di comunità Inuit in comunità, sempre uguale a se stesso, sempre diverso ogni volta, l’enormità dell’infinito artico incredibilmente attraversato da questi pochi uomini soli in slitta senza altro mezzo che loro stessi e la loro incrollabile volontà. Non è perdita da poco.
Quindi, ricapitolando, valgono i punti già introdotti, se sia meglio il tutto senza fotografia di Quodlibet o la parte con le fotografia di Adelphi è scelta personale di voi artiche signore di bronzeo incarnato. Io li ho presi entrambi e quindi è inutile che mi chiediate secondo me cosa sia meglio scegliere, perché il meglio è averli tutti e due.
Gelidamente vostro,
C. Knud Nepote