«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
REPÚBLICA DEL EXCREMENTO – REPUBBLICA DELLO STERCO
Miroslava Rosales
Traduzione d Rocío Bolaños
FormArti 2022
Non leggo poesia, solitamente, non è né un vanto né una scusa, solo una constatazione.
Questa volta l’ho letta.
LE TOMBE CLANDESTINE DELLA NOTTE
Le tombe clandestine della notte:
una donna viene rapita e poi
posano il suo cuore in una fossa
così profonda come tutte le notti di questo paese
Sotto la pioggia
un’altra donna riceve spari in regalo
l’ultima carezza del marito
In un parco una poliziotta viene catturata
il suo corpo non riceverà più il vento del mattino
né le risate dei suoi bambini sotto l’arco del sole
(Margarita 15 anni)
Viene sfogliata per poi
seppellirla nella notte dei corvi
Sotto le rocce del silenzio le sue foglie
Dei vicini trovano una tomba
Ne esce un braccio
sembra un alberello appena piantato
I cani iniziano il loro lavoro
Sulle rive dell’Acelhuathe
una mano
nell’erba
affiora
su quella mano
un uccello si poserà
Ciò che più abbonda in questo paese:
le tombe clandestine della notte.
LAS FOSAS CLANDESTINAS DE LA NOCHE
Las fosas clandestinas de la noche:
una mujer es secuestrada y luego
depositan su corazon en una fosa
tan honda como todas las noches de este país
Bajo la lluvia
otra mujer recibe de ofrenda unos disparos
la última caricia de su esposo
En un parque una policía es capturada
su cuerpo ya no recibirá el viento matutino
ni la risa de sus pequeños hijos bajo el arco del sol
(Margarita 15 anos)
se le deshoja para después
sepultarla en la noche de los cuervos
Bajo las rocas del silencio sus hojas
Unos vecinos una tumba encuentran
De ella sale un brazo
parece un arbolito recién plantado
Comienzan su tarea los perros
A la ribera del Acelhuate
una mano
entre la hierba
aflora
sobre esa mano
un pájaro de posará
Lo más abundante en este pais:
las fosas clandestinas de la noche
Repubblica dello sterco è una raccolta di poesie di Miroslava Rosales, giovane scrittrice, studiosa di lingue romanze e poetessa salvadoregna, edita da FormArti, che non è una casa editrice ma un’associazione di promozione sociale di Busto Arsizio. Vedo che si trova in vendita presso alcune librerie, non so per quanto. Nel caso, agli interessati lascio in nota i riferimenti di FormArti.
Ci sono almeno due motivi per cui secondo me questa raccolta merita la lettura.
Il primo è l’uso della poesia come voce di protesta e di impegno civile che vuole provenire dal basso, arrivare anche alle persone che non leggono, alle persone che ascoltano recitare i versi, non ascoltano audiolibri, non guardano le serie tv dei narcos con attori patinati e truccati a regalare fama e onori ai macellai massacratori, ma siedono in una piazza di paese attorno al poeta che recita i rumori della violenza, recita l’odore dei corpi massacrati, recita il sapore acre della disperazione, recita la storia della barbarie quotidiana che scandisce l’esistenza di moltissime persone in moltissimi luoghi del mondo.
È un uso antico della poesia, o forse è semplicemente la poesia a essere una forma antica di condivisione, è l’uso che riporta alla cultura orale, alla tradizione e necessità di raccontare la realtà e piangere insieme, riporta a mondi che a noi appaiono persi nelle pagine dei libri di storia, persi in documentari di generazioni che ci hanno preceduti, persi in tempi dove vita e morte avvenivano nelle piazze, nei parchi, nelle trincee o nei bordelli. Tempi nei quali un famoso giornalista a cui si dedicano onori e statue – con le autorità che si indignano se qualcuno ancora osa versarci sopra un po’ di vernice – si poteva pubblicamente vantare di avere ripetutamente stuprato una bambina dodicenne africana con la scusa di chiamarla “moglie” e “animalino docile”.
Per noi quello era ancora il tempo della poesia e forse ci sono state voci simili a quella di Miroslava Rosales che qualcuno ascoltò ma svanirono nel frastuono del tempo.
Ma non lo è più per noi il tempo della poesia e non tornerà. Per questo va salvata.
Il secondo motivo è la voce di Miroslava Rosales, che libera nei versi senza forma e metrica, che lascia uscire, che lascia pronunciare le parole che non si pronunciano mai, le immagini che si osservano ma non si raccontano se non sottovoce e a pochi, lascia gridare il dolore di vite straziate e dimenticate, mal sopportate, invisibili, a cui quello che si offre da sempre è solo indifferenza quando va bene, ostilità e altra violenza normalmente.
Non ha molta importanza il puro valore letterario di questi versi, che io non so valutare oltretutto, o la traduzione se a volte incespica su qualche termine.
Non ha nemmeno molta importanza quello che rivelano le poesie di Miroslava Rosales perché lo conosciamo l’orrore del mondo, li conosciamo gli stupri, gli omicidi, i massacri, la violenza sugli inermi, sulle donne, i bambini, le conosciamo le teste mozzate, la corruzione e la crudeltà dei potenti e dei violenti, lo conosciamo il fastidio quando gli orrori vengono ripetuti, trasmessi in prima serata, gridati sui giornali, fatti oggetto di slogan politici. Lo conosciamo quel fastidio, quel tedio, quel desiderio di non voler rivedere la barbarie ma passare il tempo con gli attori palestrati e le attrici siliconate delle serie televisive, con i gossip, con l’intrattenimento che anestetizza e permette di non sentire la puzza di carogna che sale dal nostro corpo.
Tutto questo lo conosciamo perfettamente, non abbiamo bisogno del poeta che ce lo spieghi.
Lo conosciamo ma non lo diciamo mai, ci limitiamo a scrollare il capo, a una smorfia, a poche parole.
Non diciamo mai parole come:
C’è paura sulla lingua
C’è paura sulle dita
C’è paura nei nostri grembi sacrificati ai leoni
C’è paura nei vortici di silenzio
C’è paura della notte fratturata
C’è la paura del muro nel deserto che allunga le zanne
La paura
uno scorpione che striscia sulla schiena
pioggia torrenziale che si infiltra nelle case abbandonate
una vipera molto pesante
la corda per i nostri colli
Dov’è la compassione se troviamo solo crani fratturati in tombe clandestine
e dita a forma di petalo sui marciapiedi come elementi che compongono il paesaggio?
Dov’è la compassione se nella città dei milioni di tristezze si spara ai bambini che abbracciano gli alberi o rincorrono palloncini nei parchi?
[…]
Non diciamo.
Questo è il secondo buon motivo per leggere i versi di Miroslava Rosales, perché lei invece dice quello che sa e sa che sappiamo tutti, lo dice gridando non sussurrando, lo dice raccontando degli altri senza voce perché morti, rinchiusi, perché ormai ridotti a corpi mangiati dai cani, non parla di sé, non indugia in autobiografie – autobiografie di qualità perfino delle più eccelse, ma pur sempre autobiografie di facile uso e consumo – non si cura dei modi educati, delle curve senza sbandamenti, delle buone pratiche per rendere un testo facilmente smerciabile.
Io auguro ogni fortuna a Miroslava Rosales e a questo Repubblica dello sterco che temo in pochi leggeranno e si perderà velocemente nell’oblio del pubblico. Resterà però sempre un testo con la voce della dignità in un mondo di molti indegni, di indegne celebrazioni, indegne trasmissioni, indegni soprusi e amnesie, indegne burocrazie e polizie, indegni affari e malaffari, indegni maestri che recitano parti indegne.
Mi ha ricordato un mio antico e grande maestro che molto tempo fa, in una sera di molti dubbi e tormenti mi disse: “Leggi Eduardo Galeano, lui merita sempre di essere letto” e sapeva quello che mi stava dicendo perché è la dignità della voce quella che conta, non le statue, non la gloria, non le celebrazioni.
Chiudo con la preghiera di Miroslava Rosales.
Paese mio
il nostro paese che è nei cieli
perché i tuoi figli ti hanno decapitato con questo machete?
Nota: I riferimenti di Formarti sono:
FORMARTI
Associazione di promozione sociale
Busto Arsizio
email: info@formarti.eu
sito web: formarti.eu
Ordinato. Immensamente grazie.