2000battute

«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa

Eroina – Vanessa Roghi

EROINA
Vanessa Roghi
Mondadori 2022

Un bel saggio, lucido, teso, essenziale, senza cerimonie né sdilinquimenti. Lineare nella scansione degli eventi, segue i cambiamenti della politica e della società italiana degli ultimi cinquant’anni per spiegare come dipendenze patologiche da sostanze stupefacenti e società abbiano sempre formato un connubio indissolubile. Chiarisce le argomentazioni a sostegno delle politiche di riduzione del danno criticando i molti errori commessi.
Vanessa Roghi ha fatto bene il suo mestiere di storica.

Ma non è tutto qui.

C’è un altro testo, dietro al testo. Qualcuno potrebbe chiedere, intendi un sottotesto? No, intendo un retrotesto, un testo scritto sulla faccia posteriore del primo, un testo che per essere letto non si deve guardare con attenzione tra le righe del principale, ma ci si deve alzare, spostare e poi guardare dalla parte opposta. Un retrotesto.

Quindi, cosa dice il retrotesto di Eroina? Parla di oggi, non di quaranta o cinquant’anni fa, e parla di chi non si droga tanto da finire nella categoria dei tossici, di chi non è alcolista, di chi non è affetto da ludopatia compulsiva, di tutti quelli che non vivono una vita scandita dalle esigenze di una dipendenza patologica che fa di loro degli emarginati, degli outcast, dei rifiuti. Dei modelli negativi per gli altri. Questa è stata la storia della droga e delle dipendenze patologiche, in due parole, una storia di modelli negativi per la morale della società, un modo semplice per dividere tra noi e loro, noi, i sani, loro, i drogati, come anche noi, i bianchi, loro i neri, noi gli uomini, loro le donne, noi gli intelligenti, loro gli stupidi e così via. Quindi nel retrotesto di Eroina si legge non più la storia di chi si buca e di chi sniffa, ma la storia dell’inevitabile necessità umana di distinguere in categorie esclusive, noi e loro, bianco e nero, vero e falso, giusto e sbagliato, Dio e Satana.

Detto questo però sarebbe fin troppo facile concludere che tutti i mali vengono da quell’insaziabile ansia categorizzatrice, sostenere le virtù dei toni di grigio, dell’incertezza, della fluidità e delle fluttuazioni statistiche. Se non fosse che la smania categorizzatrice riemergerebbe ancora più forte, noi gli statistici della riduzione del danno, voi gli assolutisti della patologizzazione sociale.

È un ciclo infinito, non un problema a cui trovare una soluzione definitiva, un processo di adattamento evoluzionistico che non ha una morale, solo una tattica mutevole, imperfetta, soggetta a rapida obsolescenza, allo stesso modo dell’eroina, delle droghe, delle dipendenze che quando si pensa di averle comprese, loro si fluidificano, si scompongono in mille rivoli e percolano nel substrato sociale. I tossici strafatti nei giardinetti degli anni Ottanta e gli adolescenti strafatti della stazione di Rogoredo o di San Lorenzo degli anni Dieci sono gli estremi autodistruttivi utili come modelli negativi per generare orrore, rendere estraneo il problema a se stessi. In mezzo, tutto il resto della società che vive di dipendenze a diversi livelli di sofferenza e stati patologici, dentro le case, nei luoghi di lavoro, nelle carriere, nelle relazioni familiari, sentimentali e spirituali, nelle scuole, nelle istituzioni, nei social media, nell’informazione, nel tessuto connettivo che sostiene l’idea di progresso, di futuro, di speranza. Società nella quale le droghe e tutte le dipendenze sono una componente fondamentale per quella pulsione innata e inestirpabile che chiamiamo istinto di sopravvivenza.

Roghi scrive: «Senza dubbio un mondo senza alcuna dipendenza sarebbe migliore: dipendenza da sostanze, da consumi, dipendenza affettiva, dipendenza economica.», ed è l’unico passaggio che le contesto per uno scivolamento nella retorica.
Davvero, senza dubbio un mondo senza alcuna dipendenza sarebbe migliore?
Bisogna immaginare di eliminare ogni dipendenza lasciando tutto il resto invariato, ceteris paribus dicono gli economisti, immaginare quali sarebbero le conseguenze e confrontare. Quali sarebbero le conseguenze?

Bel saggio che fa bene leggere.

Nota: (p.130) «Scrive Pier Vittorio Tondelli, riminese, nel 1986…», Tondelli era di Correggio (Reggio Emilia).

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Questa voce è stata pubblicata il 21 febbraio 2023 da in Autori, Editori, Mondadori, Roghi, Vanessa con tag , , , , .

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