«Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.» –Tomasi di Lampedusa
TERRA DEI GRANDI NUMERI
Te-Ping Chen
Traduzione di Milena Sanfilippo
Racconti 2023
Commento di Cornelio Nepote
Ipertoniche maddalene di multifocale bellezza altrimenti reincarnate in iperproteiche bookblogger tourbillonate,
per ragioni che hanno a che fare con l’implosione delle democrazie, con l’ansia che strangola le popolazioni occidentali di ogni ceto ed età, con l’imbastardirsi delle utopie tecnologiche e soprattutto con l’orrore quotidiano di quelle voci disumane che cantilenando grottescamente recitano gli spot pubblicitari, quelle voci umane ma non più umane che ripetono il ritornello del prodotto, dell’oggetto, del moderno che non è moderno, e ogni giorno instancabili inseguono chiunque, milioni di persone, centinaia di milioni di persone incessantemente inseguite da quelle voci umane ma non più umane che cantilenano frasi prive di senso, frasi che solo un pazzo fuggito dall’internamento potrebbe pronunciare veramente, frasi recitate con voci da maniaci assassini che invitano centinaia di milioni di persone a comprare, sottoscrivere, chiamare, aderire, assumere, ingurgitare, indossare, ogni giorno, sempre, senza tregua, è un miracolo che non ci si sia già ammazzati tutti uno con l’altro in preda a follia.
Oppure il fatto saliente è la narrazione. È una narrazione, tutto quanto, dalla democrazia che implode fino alla voce da psicopatico della pubblicità, è una narrazione.
L’attacco però era “Per ragioni che hanno a che fare con…” e anticipava una conseguenza logica o illogica a quelle ragioni, conseguenza che se non avete perso il filo del discorso avrete notato mancare proprio dal filo del discorso.
L’attacco voleva dire che per ragioni non particolarmente serie ma importanti ho recentemente maturato una particolare curiosità verso tutto ciò che è cinese. Voi direte embè. Embè… infatti, sono d’accordo, è proprio quello che ho detto anche io al termine di Terra dei grandi numeri di Te-Ping Chen… embè? finito… embè? poi ho detto che lei era una finta cinese, una cinese-americana, per di più una giornalista-cinese-americana e quindi per forza embè… però io chi sono per dire di una persona che non conosco che è una finta cinese solo perché è una giornalista-cinese-americana e dopo che ho letto il suo libro l’unica cosa che mi è venuta da pensare è stato embè? Che ne so io se è finta cinese, vera cinese, quasi vera cinese o che altro? Voi ad esempio siete cinesi o finte cinesi? Per me potete essere entrambi, cinesi finte cinesi, il risultato è sempre embè.
Il fatto è che sono arrabbiato. La povera Te-Ping Chen non ha grandi colpe, ma è pure vero che di colpe ne ha anche lei. Ricordo di avere intravisto un titolo che diceva che i giovani scrittori non hanno coraggio. Non so chi fosse a dirlo. A dire la verità potrei anche essermelo sognato quel titolo, potrei cercarlo, verificarlo, fare fact checking, invece non lo faccio, preferisco dire che forse l’ho letto, forse esiste un titolo del genere, embè… quindi i giovani scrittori non hanno coraggio, in effetti Te-Ping Chen mi pare che di coraggio ne abbia messo pochino nei suoi racconti, ha fatto il compitino, per bene, ordinato, scritto bene, molto scritto bene, è giornalista, scrive per mestiere, sa scrivere bene, i racconti sono articolati bene, iniziano salendo e finiscono scendendo, prima luce poi ombre, prima faccina :-) poi faccina :-( … è in atto una memeficazione della forma del racconto, non so se ve ne siete accorti, infatti potrebbero fare un titolo… i racconti si stanno memeficando… dopo quello sui giovani scrittori che non hanno coraggio, la memeficazione del racconto, intervistate subito il presidente dell’associazione editori per sapere cosa ne pensa di questa faccenda inquietante. Però è vero che i giovani scrittori non hanno coraggio, lo dico senza praticamente conoscere neanche un giovane scrittore, tranne alcuni che effettivamente non hanno coraggio, ma non tutti, forse era meglio se il titolo avesse detto… qualche giovane scrittore non ha coraggio… al che io avrei detto embè… infatti Te-Ping Chen non ha messo molto coraggio nei suoi racconti, un po’ di nostalgia da figlia della diaspora, un po’ di orgoglio per la patria lontana che si è fatta forte, un po’ di critica verso i cinesi fiancheggiatori del governo cinese… embè… cosa ci si aspettava che dicesse una giornalista cinese-americana? Le giovani giornaliste cinesi-americane non hanno coraggio… questo sarebbe un bel titolo, sarebbe andato bene anche per un bel dibattito insieme alle bookblogger e alle ministre del Salone di Torino… embé… a proposito della Cina, è il posto di gran lunga più interessante al momento, forse pari solo al Midwest americano dove ribolle una follia diffusa talmente vasta e profonda che non può che esplodere prima o poi. Io comunque sento e leggo cose interessantissime dalla e sulla Cina, anche letterarie, non solo per tutto il resto, ecco perché speravo fosse migliore questo Terra dei grandi numeri, cioè speravo fossero racconti cinesi del presente cinese, voci cinesi mentre si prepara l’inferno, invece non sono racconti cinesi, sono racconti americani-cinesi di una giornalista che si è data alla narrazione, una giornalista peraltro molto educata e istruita e che sa scrivere bene, ma che alla fine ti lascia con un embè… rimani tu e il tuo embè mentre tutto intorno sta per scatenarsi l’inferno, si prepara l’inferno e tu non riesci a far meglio che un embè? Non sei cinese, non ti riconosco come cinese, forse sei italiana di quelli che conosce quello del titolo sul coraggio e gli scrittori giovani… però ammetto che questa faccenda del coraggio mi ha turbato… cosa intendeva quello dell’articolo che non so chi sia e forse mi sono sognato… coraggio di dire cosa? di fare cosa? Te-Ping Chen avrebbe dovuto avere il coraggio di scrivere… cosa? Lo scrittore deve avere il coraggio di…Céline non si può dire che non abbia avuto coraggio quando ha vomitato la sua bile antisemita nelle Bagatelle, lo sapeva che sarebbe stato fatto a pezzi… anche Joyce di Finnegans Wake di coraggio ne ha avuto, scrivere un libro che per sempre rimarrà non letto perché incomprensibile… ma ovviamente questi sono esempi degeneri di coraggio letterario, cosa è mancato a Te-Ping Chen e ai giovani scrittori italiani dell’articolo, che forma o genere di coraggio? Bisogna qualificarlo il coraggio. Forse se avessi letto l’articolo lo potrei riferire come veniva qualificato, ma non rivanghiamo il passato, il coraggio inqualificato non si sa cosa sia, come quasi tutto ciò che rimane inqualificato, il che è tipico di quasi tutte le esortazioni o dei moralizzatori adoratori dell’etica.
Quindi, in un certo senso, sono arrabbiato con me stesso per non riuscire a qualificare questa mancanza di coraggio che imputo a Te-Ping Chen. D’altra parte però io sono affaticato, è notte, mi duole la schiena, sento l’inferno che si prepara, dovere anche qualificare il coraggio mancante in una giovane giornalista cinese-americana scrittrice di racconti che mi hanno lasciato un embè è una fatica che preferirei evitare, non voglio buttarla sul personale anche perché in realtà niente è vero di questo quadretto intimista che vi ho propinato, tranne il fatto della fatica di qualificare, questo è un tema serio che riguarda un po’ tutti e spiega alcuni fatti che accadono nel discorso quotidiano tra chi non si cura di qualificare e chi si affanna a farlo e del perché, alla lunga, i primi vincono sempre.
È notte fonda, questa volta è vero, è rimasta solo la mia di luce accesa, una lucina, lo scrittore scarso direbbe che è una lucina coraggiosa nel mare di tenebra, ma invece è solo una lucina accesa e tanto basta.